Aquila III

Date: 20 Apr 2019 - Sezione: legge/

Non pensavo di scrivere più nulla sul Processo dell’Aquila, e ritenevo che potessero bastare i miei anche troppi contributi, fino a quello che compare in questo sito con il nome di Aquila II e si riferisce alle conclusioni della Corte di Appello. A questo punto, come ho scritto, sentendomi parte del “popolo italiano” in nome del quale sono emesse le sentenze, ero soddisfatto di una sentenza nella quale avevo sperato. A farmi “riprendere la penna” ci pensò il giudice di primo grado, con un’intervista rilasciata il 1 febbraio 2016, in cui fece alcune dichiarazioni che io ritenni subito preoccupanti, tra le quali: “…quella sentenza la riscriverei mille volte”. Questa frase si condanna da sé. Ne approfittai però per sottolineare un importante aspetto della sentenza di Cassazione: basandosi sul fatto, chiarito in CdA, che la riunione dell’Aquila andava configurata come riunione di esperti, la CdC affermava che “l’esplorazione intellettuale deve vedersi riconosciuto uno statuto di piena libertà; la responsabilità sociale dello scienziato inizia laddove il prodotto del suo operare diviene pubblico; inizia con la comunicazione sociale della scienza”, parere secondo me importantissimo che dovrebbe impedire il ripetersi di un processo come quello dell’Aquila. Le affermazioni della CdC, “Non può sfuggire che il Tribunale, e con esso i ricorrenti, hanno avanzato la pretesa di costruire una camicia di contenzione al processo di conoscenza” mettevano i ricorrenti e il Tribunale di fronte a un dilemma, che io così descrivo: “Bisogna allora che gli oppositori della sentenza di Appello si decidano: preferiscono ammettere che c’è effettivamente stato un “processo alla scienza”, o affermare che si è tentato di condannare la scienza senza processo?”


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