14 Febbraio

Sezione: non-accadde/

Sardonicus dixit “A volte le migliori teste d’uovo fanno le peggiori frittate”


14 febbraio
716 BC, eclisse di sole riportata dagli annali “Primavera e autunno” attribuiti a Confucio.
I classici confuciani sono abbastanza curiosi, in quanto probabilmente nessuno di essi fu manualmente scritto dal Maestro, anche se quasi tutti gli furono attribuiti a lungo. Possono essere divisi in due gruppi: i cinque classici, che includono gli annali “Primavera e autunno”, ed il canone confuciano in quattro libri. Di quest’ultimo fanno parte gli Analecta, il Grande Insegnamento, la Dottrina della Media e il Mencio (quest’ultimo, più precisamente, raccoglie gli insegnamenti del filosofo Mencio, posteriore a Confucio).
Su “Primavera e Autunno”, annali dell’antico stato di Lu dal 722 al 479 aC, la tradizione che siano stati scritti da Confucio è unanime, ma, agli occhi occidentali, non per questo la sua figura letteraria ci guadagna. Per ogni anno viene registrata una dozzina di frasi secche, di pochissimi monosillabi, nelle quali i commentatori posteriori hanno voluto leggere di tutto. Non contenti di questo, hanno anche voluto leggere qualcosa nelle omissioni e pretese reticenze, il che è ancora meno facile. Fortunatamente il Nobile Zuo scrisse un ampio, interessante commento, che realmente arricchisce la lettura del conciso testo confuciano, tanto da far pensare a diversi critici che l’opera di Zuo Qiuming fosse in realtà un’opera storica indipendente, in seguito ridotta in forma di commento agli annali di Confucio.
I classici cinesi vanno rispettati. Per duemila anni, con brevi parentesi qua e là, sono stati in Cina il pane dell’élite culturale e dei ragazzi cinesi di belle speranze, che sui classici dovevano subire esami spietati per raggiungere le alte cariche dello stato – aperte a tutti, anche ai miserabili, purché d’ingegno .
(“Wujing, Chun Qiu - i Cinque Classici, Primavera e Autunno. Il Chun Qiu, V sec. aC, consta di circa 16000 caratteri).
(“Zuo Zhuan”, commento di Zuo Qiuming, 389 aC, circa 180 000 caratteri).


1551, sabato, viene ucciso Thomas Arden di Feversham (che nel corso del tempo divenne Faversham), fatto storico riportato nelle cronache di Raphael Holinshed. Su questo fatto fu costruita una tragedia, “Arden di Feversham”, di autore anonimo. La trama di questa “tragedia domestica”, la prima del genere nella letteratura inglese, è semplice: Alice è sposata con Arden, ma ama Mosbie. Mosbie e Alice uccidono Arden. Tuttavia, su questa trama si sviluppa una tragedia di prim’ordine, tanto che il suo autore anonimo è stato identificato con vari grandi, incluso Shakespeare.
Effettivamente la tragedia, a parte l’inglese cinquecentesco, si legge bene anche oggi. Finale edificante un po’ antiquato, ma non impossibile - quattrocento anni fa.
(“Arden of Faversham”, 1592, 144 pagine nell’edizione originale, nella quale non ci sono distinzioni di scene o di atti, se non implicite).


1831, lunedì. A sera ha luogo la seconda consultazione del Dottor Noir, riportata in “Dafne”, di Alfred de Vigny. Il romanzo, incompiuto, incomincia durante il sacco dell’Arcivescovado di Parigi (lunedì 14 febbraio 1831). Tra i libri che vanno alla distruzione, Noir e Stello trovano un manoscritto interessante. Il tema di questa seconda parte del romanzo è la storia dell’Imperatore Giuliano l’apostata (vedi 26 giugno).
(“Daphné: seconde consultation du Docteur Noir”, incompiuto, 1837, 240 pagine).


(probabilmente 1869, quindi domenica). Interrogatorio della polizia:”Che avete fatto nella notte dal 14 al 15 febbraio?”. Si trova in “La bestia umana” di Emile Zola, libro – fu detto - con due eroi, il macchinista Lantier e il suo grande amore, la Lisetta (Lison), che però non è un essere umano.
La morte della Lisetta è un pezzo di bravura e il finale del libro non manca di grandiosità epica, ma secondo me questi episodi non giustificano la lettura di 400 pagine di cupa abiezione morale senza speranza.
(“La Bête humaine”, 1890, volume XVII dei “Rougon-Macquart”, 779 Kbytes).