26 Aprile

Sezione: non-accadde/

“Le potenzialità del peggio sono ancora in gran parte sottovalutate.” (DE et Sardonicus)


26 aprile

1336, venerdì. Data della lettera (dalle Epistole Familiari, IV-1) con cui Francesco Petrarca riferisce a padre Dionigi da Borgo San Sepolcro (altre edizioni indicano Giovanni Colonna) di esser salito sul Mont Ventoux (m. 1909) il giorno stesso col fratello Gherardo. Aveva con sé un libretto (sappiamo anche quale) donatogli da padre Dionigi, di cui cita un passo pertinente. Si tratta di una delle rare ascensioni di cui abbiamo traccia prima dell’epoca moderna. C’è anche chi dice che fu tutta un’invenzione. Sarà: grazie a questa teoria, la metto in questa raccolta con beneficio di inventario. Ad ogni modo, le lettere di Petrarca, ancorché in latino, valgono la pena. Petrarca teneva gli occhi aperti, si informava, e ci diede un quadro dell’Europa del suo tempo che non è disprezzabile. Sfortunatamente, la spontaneità è illusoria, perché il Petrarca aveva l’abitudine di continuamente rimaneggiare e ritoccare le sue lettere, aggiungere considerazioni, citazioni e via dicendo. Tuttavia in molte di esse c’è un riconoscibile nucleo di immediatezza che è probabilmente originale. In questa lettera particolare, per esempio, per un momento siamo col Petrarca nella piccola locanda a Malaucène, ai piedi della montagna, dove il poeta è rientrato al chiar di luna e si è messo subito a scrivere le sue impressioni, mentre i servi preparano la cena. Era effettivamente una notte di luna piena.
(“Epistolae”, così raggruppate:
Familiares, ad amici e famigliari, XXIV libri,
Seniles, o della vecchiaia, XVII libri;
Sine Nomine cioè senza il nome dell’interlocutore, in I libro;
Variae , I libro
Posteritati, una epistola ai posteri, talvolta contata come XVIII libro delle Seniles,
per un totale di circa 350 lettere. A queste si aggiunge una raccolta di “epistolae metricae”, 66 lettere in III libri più un’appendice “Ad Reinaldum Veronensem”, in versi).
Da notare che per i Provenzali il nome del monte non è “Ventoux”, ma “Ventour”, che non è sicuro che significhi “ventoso”.

1478, domenica. Congiura dei Pazzi, titolo di una tragedia di Vittorio Alfieri, in cinque atti. In omaggio alle norme classiche, che non volevano assolutamente che si mostrassero uccisioni in scena, abbiamo notizie indirette della congiura nell’atto V. Nell’ultima scena (VI) Lorenzo, non ancora Magnifico, appare spietato, e l’Alfieri se ne rende ben conto, perché l’ultima battuta che gli dona, ultimi due versi della tragedia, afferma che solo il tempo deciderà se Lorenzo sarà stato un tiranno o no, e traditori i Pazzi:
“E avverar sol può il tempo - me non tiranno, e traditor costoro ”, versi laconici e contorti, ma incisivi come la maggior parte di quelli dell’Alfieri.
(“La congiura dei Pazzi”, 1777-1783, cinque atti).

1574, lunedì. “Son aïeul eut l’honneur d’avoir la tête tranchée en place de Grève, le 26 avril 1574…Un suo avo ebbe l’onore di essere decapitato sulla piazza della Grève, il 26 aprile 1574”. L’abbé parla a Julien del giovane conte de la Mole, Capitolo XXXI del romanzo “Il rosso e il nero”, di Stendhal (Henri Beyle), per cui vedi al 23 febbraio. Julien Sorel è il poco simpatico protagonista del romanzo. L’avo in questione, Joseph-Boniface de la Mole, è un personaggio storico e fu effettivamente giustiziato sulla Place de Gréve a Parigi insieme ad Annibal de Coconasso. Però l’abbé sbaglia, e l’autore si ricrederà più tardi, Parte II, Capitolo X, ponendo questa decapitazione al 30 aprile, dove deve essere. L’Accademico ricorderà il fatto a Julien Sorel nel giorno anniversario, spiegando così perché la bella Mathilde de la Mole porti il lutto ogni 30 aprile.
La storia si ripete, e come la regina Margot baciò la testa decapitata di Boniface de la Mole, così…
In quanto ad Annibal de Coconasso, era un gentiluomo nativo del Piemonte, da cui era stato bandito. Il suo nome era Annibale Radicati, Conte di Cocconato. I due amici decapitati insieme il 30 aprile 1574 in seguito alla cosiddetta “congiura degli scontenti” sono i veri eroi del romanzo semi-storico d’appendice “La Reine Margot”, di Alexandre Dumas padre, per cui vedi 18 agosto.