26 Settembre

Sezione: non-accadde/

46 aC. Cesare dedica un tempio a Venere. D’onde, si pensa, i versi ricordati nel Catalepton (“Alla spicciolata”) XIV, attribuiti a Virgilio:
Adsis o Cytherea: tuus te Caesar Olympo
et Surrentini litoris ara uocat
.

Assistimi o Citerea (=Venere): dall’Olimpo ti chiamano il tuo Cesare e l’altare sulla costa di Sorrento. L’epigramma è importante perché vi si accenna ad un’ancora incompleta Eneide, e lo sarebbe ancora di più se ne fosse sicura l’attribuzione. Non lo è per nulla, ma il gruppo di poesie chiamato “Appendice Virgiliana” ha valore in sè e la sua lettura ci dà - tra l’altro - squarci della vita Romana del primo secolo aC. Raccomando la Copa (l’ostessa), il Moretum (come fare la piadina), il Culex (la zanzara, poemetto forse un po’ troppo lungo per una tenue, spiritosa, idea). (“Appendix vergiliana”, forse messa insieme tra il 44 e il 38 aC, 33 poemetti).


(Anno incerto, probabilmente il 304). È il giorno riportato dalla tradizione per il martirio dei Santi Cipriano, Giustina e Teoctisto a Nicomedia. La “commedia” di Pedro Calderón de la Barca, “Il magico prodigioso” o “Mago dei prodigi”, mette in scena la vicenda adattando felicemente il testo degli atti, antichissimi. Il numero di personaggi è ridotto (scompare tra l’altro San Teoctisto), i nomi sono cambiati, il luogo è Antiochia anziché Nicomedia, il testo è in svelti ottonari. Cipriano diventa più umano, e c’è un (a me) simpatico demonio che ricorda Mefistofele. La commedia è considerata uno dei capolavori di Calderón de la Barca. Per quanto riguarda l’anno del martirio, si è proposto anche il 280, e con qualche maggior ragione il 290. Ma, curiosamente, un personaggio della commedia, Moscone, afferma, con qualche buon motivo per farlo, che l’anno è bisestile, quindi il 290 non va bene.

(“El mágico prodigioso”, 1637, tre atti, 150 Kbyte).

Il caso di Cipriano (che inizialmente è un mago) e Giustina è citato nel Dubbio X della “Cauzione criminale” (titolo variamente tradotto) di Federico Spee von Langenfeld, il quale, nel momento più caldo della caccia alle streghe, si prese il rischio di mettere in discussione i metodi allora in voga per processare e condannare al rogo le accusate. Essenzialmente dal suo libro risultano due osservazioni e una domanda: 1) se lui stesso fosse stato sottoposto alle stesse torture, avrebbe probabilmente confessato di essere uno stregone; 2) avendo avvicinato (si pensa anche come confessore) qualche centinaio di queste sfortunate, non poteva affermare con certezza che alcuna di esse fosse veramente una strega. E infine la domanda: perché c’erano evidentemente più streghe in Germania che altrove? Spee fu uno dei primi che si posero il problema dei processi alle streghe e che lo espressero con chiarezza. Pur attraverso il poco attraente linguaggio formale (cinquantadue “dubbi” (Dubia) con aridi elenchi di risposte, pretesti, ragioni) trapela dalle pagine del libro il quadro di un’intera società semi-impazzita ed una nobile figura di Gesuita. Non costa nulla dare almeno uno sguardo. (“Cautio criminalis”, 1631, pubblicazione anonima e senza il permesso dell’autore – i superiori gli fecero un rimprovero “pro forma”; 340 pagine).

Sulle streghe, come sulla schiavitù (vedi 4 agosto) e sull’Inquisizione (vedi 6 maggio) e simili questioni si continuano a leggere cifre ed altri dati sparati a caso. Ciò non è più ammissibile, perché i dati sono in gran parte gratuitamente disponibili, ad esempio su Internet.