Sardonicus dixit:”Vogliamo essere capiti, ma non troppo.”.
3 dicembre
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1822, martedì. Il giorno prima, al dessert della “Cena dell’Incoronazione”, riservata agli ex-combattenti della Grande Armée, due partecipanti si sono sfidati a duello. L’arma sarà la sciabola. Alle 8 del mattino del 3 dicembre avviene uno dei numerosi duelli della letteratura francese, dietro la chiesa dei Cappuccini di Issoudun, nel Berry. Per un motivo o per l’altro i due avversari sono entrambi abbastanza spregevoli. Uno di essi è Filippo Bridau, uno dei due fratelli protagonisti del romanzo “I due fratelli” (o anche “La pecora nera” come lo si rese in Inglese, ovvero “La rabouilleuse” o, primo titolo italiano, “Casa di scapolo”). Come ci dice il Balzac stesso, “rabouiller”, termine tipico del Berry, indica la pesca fatta intorbidando le acque di un rivo per spaventare i gamberi di fiume e farli incappare nelle reti. E’ in questa funzione che incontriamo, ancora ragazzina, una delle figure centrali di questa storia.
Il romanzo, la cui quotazione è stata (meritatamente) in continuo crescendo, fa parte della trilogia “I celibi - Les Célibataires” di Honoré de Balzac, tre notevoli racconti, gli altri essendo “Pierrette” e “Il curato di Tours”. Anche se il primo dei due romanzi come tristezza non scherza, con le insensate persecuzioni di una coppia di vecchi imbecilli su una fanciulla innocente, il secondo è forse il più angoscioso, uno studio spietato di un uomo mite contro cui si coalizzano le forze del male, senza alcuna vera ragione e senza che lui neppure lo comprenda.
(“La Rabouilleuse”, 1842, 350 pagine)