Sardonicus dixit: “Le incomprensioni iniziano inevitabilmente quando ci si inizia a conoscere.”
16 dicembre
“Mentre volgeva a sera il giorno della vigilia dei Saturnali…” . Così incomincia il racconto del retore Eusebio a Postumiano, il quale a sua volta riferisce all’amico Decio le erudite conversazioni che avrebbero avuto luogo per tutta la durata della festa, cioè dal 17 al 23 dicembre, a casa di Vettio Agorio Pretestato, con la partecipazione di altri undici convitati. E’ questo il soggetto dei “Saturnali”, di Ambrosio Teodosio Macrobio, opera abbastanza caotica, come si conviene ad una conversazione a piede libero tra gente coltivata ed erudita. Il Simposio di Platone (vedi 11 febbraio) è preso come modello per lo scenario, ma le due opere sono completamente diverse: Platone ci presenta una discussione ragionevolmente unitaria di intellettuali sul tema dell’amore, Macrobio una discussione fra eruditi alla ricerca dei più svariati argomenti. Ma questa non è erudizione fine a se stessa: Macrobio tentava di salvare per i posteri un mondo che stava scomparendo. Occorre un minimo di allenamento, per salire questa montagna.
(“Saturnalia”, circa 430, VII libri incompleti).
Nel settimo libro dei Saturnali (VII, 16) si propone l’importante quesito se sia nato prima l’uovo o la gallina. Oggi sappiamo la risposta, espressa nel seguente compendio di biologia in una frase “La gallina è un complicato congegno escogitato dall’uovo per produrre un altro uovo”. Nei Saturnali, invece, il pro ed il contro vengono dati e vagliati, ma non si giunge a una conclusione.
“Chi, in quella grigia mattina del 16 dicembre 19…, si fosse introdotto furtivamente, e a proprio rischio e pericolo, …..sarebbe rimasto oltremodo sorpreso nel trovarvi un giovine coi capelli arruffati e le guance livide, che passeggiava nervosamente avanti e indietro; un giovine nel quale nessuno avrebbe riconosciuto il dottor Falcuccio…”, per molte buone ragioni, che l’autore di seguito elenca. Da “Se la luna mi porta fortuna”, saggio di Achille Campanile, con un po’ di Leopardi, un po’ di D’Annunzio ed altri, tutti travestiti da Achille Campanile. Questo è l’ennesimo genio e precursore misconosciuto Italiano. Ogni cosa, ogni evento, anche il più banale, una volta smontato e ricostruito è per Achille Campanile e per il suo lettore oggetto di sorpresa. Molti impararono da lui il gusto per il surrealismo imprevedibile. Molti lo imitarono senza eguagliarlo. Morì nel 1977, ma a mio vedere il suo posto è fra le due guerre, e proprio non si può dimenticarlo in questa raccolta. “Ci sono regole fatte di sole eccezioni”, afferma perentorio Campanile nello stesso brano. E non si può negare di non rifiutare di essere d’accordo.
(”Se la luna mi porta fortuna”, 1928 (o 1927?), 224 pagine).