Sardonicus dixit: “Che tristezza, quando ci si accorge che si può ormai resistere alle tentazioni!”
28 febbraio
1558, lunedì.
Aqui llegò, donde otro no a llegado
don Alonso de Ercilla, que el primero
en un pequeno barco deslastrado
con solo diez pasò el desaguadero
el ano de cinquenta y ocho entrado
sobre mil quinientos, por hebrero
a la dos de la tarde, el postrer dia
volviendo a la dejada compania.
(La Araucana, canto XXXVI, 29)
Alle due del pomeriggio, con dieci compagni, il poeta Alonso de Ercilla fu storicamente il primo Europeo a metter piede sull’isola Chiloè, che oggi appartiene al Cile. Ercilla ne era così fiero che compose un’ottava che indicava anno, mese, giorno e ora, e la scrisse dapprima su un albero, e quindi nel suo poema, l’Araucana. Questo è senza dubbio l’unico grande poema epico sulla Conquista, felice miscela di storia e leggenda, fede e spietato valore militare, passato e presente. Credo che sia uno dei pochissimi poemi che descrissero un’epica mentre l’autore stesso vi prendeva realmente parte, un po’ come se l’Iliade fosse stata scritta da un guerriero combattente, per esempio il saggio Nestore. Il libro è nella biblioteca di Don Chisciotte (parte I, capo VI) ed è lodato dal curato, cioè dal Cervantes. A questi si può far credito - in un momento in cui si senta l’esigenza di leggere poemi epici.
(“La Araucana”, 1569-1589, XXXVII canti).
29 febbraio
(sabato, e quindi 1812). Azione dell’omonima “tragedia del destino” di Adolf Müllner, sullo stile de “Il 24 febbraio” di Zacharias Werner, che il Müllner salutò come il maestro del genere. Si tratta di una breve tragedia in tedesco vecchiotto, oggi quasi introvabile (ma reperibile su Internet), dominata da eventi tragici che avvengono il 29 febbraio. Ci sono tutti gli ingredienti: notte, gelo, vento che ulula nella foresta, peccati non confessati, tragica espiazione attraverso il sacrificio dei più innocenti. Alla tragedia è premessa un’introduzione che spiega la base teorica delle tragedie del destino, in cui un personaggio in certo modo non può evitare di compiere azioni che non vorrebbe compiere. La “tragedia del destino tedesca” , a quanto pare, differisce da quella greca, in quanto è rivista in un’ottica “cristiana”, anzi protestante, dominata dalla tremenda giustizia di Dio (mentre la speranza di misericordia è lasciata agli spiriti deboli). Ma la tragedia de “Il 29 febbraio” apparve subito troppo lugubre persino al pubblico tedesco, per cui l’autore sentì di dover cambiare l’ultima scena.
(“Der neunundzwanzigste Februar”, 1812 , 1 atto, circa ottanta pagine brevi)
Colle date, il Müllner fece un pasticcio, perché dimenticò che il 1800 non era stato un anno bisestile. I suoi personaggi, avendo guai solo ogni quattro anni, erano comunque più fortunati di quelli del Werner, per quanto fossero più scombinati con le date (vedi 24 febbraio).