4 maggio
Anno imprecisato - prima lettera del giovane Werther a Wilhelm. Che l’interlocutore si chiami Wilhelm lo scopriamo solo nella lettera del 21 giugno (vedi 21 dicembre).
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1699, Lemuel Gulliver salpa per il suo primo viaggio, che lo porterà a Lilliput. Vedi 2 aprile.
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Anno imprecisato dell’era vittoriana. Il 4 maggio è il giorno in cui si svolge la vicenda di Alice nel paese delle meraviglie. Quando Alice decide di andare nella direzione in cui abita la lepre marzolina (Capo VI) ci dice che siamo a maggio. Poco più avanti dice al cappellaio che è il 4 del mese (Capo VII). Il libro è troppo noto per doverne dire alcunché. Si tratta di un classico dell’assurdo, che non so quanto sia adatto ai bambini, i quali probabilmente trovano già abbastanza assurdo il mondo in cui sono costretti a vivere(1). D’altro canto, gli adulti dotati di una certa conformazione mentale possono apprezzare il succedersi ininterrotto di assurdità. Il libro è anche una sfida di sesto grado superiore per i traduttori, per i continui giochi di parole, molti dei quali sono addirittura difficili da individuare anche per un traduttore esercitato.
(Alice Adventures in Wonderland, 1865, 163 Kbytes).
Che uomo era l’autore Lewis Carroll (Charles Lutwidge Dodgson)? Difficile a dirsi. Ha intrattenuto generazioni di lettori, meglio di molti altri, e poi, de mortuis nihil nisi bonum.
(1) L’opera di Lewis Carroll, pur restando surreale, si è forse avvicinata un po’ di più all’infanzia con il film a cartoni animati “Alice in Wonderland” (1951), che secondo me resta il migliore tra quelli prodotti da Walt Disney. Però fu molto criticato e piacque poco alla sua comparsa.
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1929, mercoledì. “Dei del cielo! Com’è triste la terra di sera! Come sono misteriose le brume sulle paludi”. Così incominciano cinque righe di intensa poesia, scritte probabilmente dall’autore mentre stava ormai morendo. Lui le avrebbe concluse lasciando il periodo in sospeso: “sapendo che solo la morte….” - e la moglie Jelena avrebbe fatto aggiungere le parole: “…può dargli riposo”. E’ questo l’inizio del trentaduesimo ed ultimo capitolo del romanzo “Il Maestro e Margherita”, di Mikhajl Bulgakov.
Ho collocato questa citazione il 4 maggio, fidandomi nello studioso B.V.Sokolov, che afferma perentoriamente che “la fuga finale ha luogo simultaneamente nella notte di Pasqua il 16 Nizam (dell’anno 29 dC) e il 5 maggio (del 1929, giorno della Pasqua ortodossa nel calendario gregoriano, 22 aprile nel calendario giuliano)” , il che è probabilmente accettabile almeno per il primo abbozzo del romanzo. E’ chiaro d’altra parte che nelle versioni più recenti l’azione si svolge negli anni ‘30, più specificamente dopo il 5 dicembre 1931, giorno in cui la grandiosa cattedrale di Cristo Salvatore fu fatta saltare con la dinamite per ordine di Stalin (oggi è stata ricostruita). Ad ogni modo, dalle versioni più recenti non penso sia possibile ricostruire una cronologia coerente.
Il romanzo, satirico-drammatico e molto altro, descrive un’incursione a Mosca del diavolo in persona, con cinque suoi satelliti, uno dei quali è abitualmente un gattone (Ippopotamo), seminando la confusione e guai di vario genere nella città, ma non senza punire i malvagi ed aiutare, appunto, il Maestro – di cui non sapremo mai il nome - e Margherita. Sullo sfondo però, si svolge in parallelo un dramma più solenne, quello della Passione di Cristo, centrato sulla figura del “crudele quinto procuratore della Giudea, il cavaliere Ponzio Pilato”.
Magari alla fine non piacerà, ma bisogna assolutamente arrischiarsi a leggere questo strano romanzo, che, scritto in stile inimitabile e zeppo di riferimenti storico-letterari, non lascia indifferenti. Sopravvisse come manoscritto (“I manoscritti non bruciano”, sentenzia il diavolo stesso nel capitolo XXIV del romanzo) dal 1940 circa fino alla fine degli anni ‘60 e, finalmente pubblicato, conobbe un notevole successo mondiale.
(“Mastjer i Margarita”, iniziato nel 1928, pubblicato a partire dal 1966, circa quattrocento pagine).
Alla fine del romanzo sembra che Bulgakov abbia in mente la preghiera per i morti: “L’eterno riposo dona loro, o Signore, e risplenda ad essi la luce perpetua…”, di cui esiste anche più di una versione nella Chiesa Russa. Nella preghiera si chiedono insieme riposo e luce. Invece, nel capo XXIX viene detto esplicitamente che il Maestro e Margherita non sono degni della luce, ma Gesù stesso chiede per loro il riposo (pokoj).