21 Maggio

Sezione: non-accadde/

Sardonicus dixit:”Soli nel deserto della nostra immaginazione, aspettando invano il miraggio di un’idea.”

21 maggio
(anno imprecisato). Per taluni calendari degli indiani d’America maggio è la “luna dei fiori”. In questo giorno inizia il romanzo semi-autobiografico “René” di François-René de Chateaubriand. René è alla ricerca della propria identità, e si è esiliato in Louisiana, dove racconta la sua storia all’indiano Chactas ed al missionario, Padre Souel. Romanzo audace per il suo tempo, in cui viene svelato il segreto della sorella Amelia, che si fa monaca per espiazione e muore santamente.
(“René”, 1802, con Atala – vedi sotto – 121 pagine). Il racconto di René è la risposta all’indiano Chactas che gli ha raccontato la storia della sua vita e del suo infelice amore per Atala. Altro classico romanzo di Chateaubriand.
(“Atala”, 1801, con René – vedi sopra – 121 pagine).
Per Chateaubriand i selvaggi vivono una vita invidiabile, in comunione con la natura. Il Cristianesimo, la vera religione (almeno secondo Chateaubriand), non insidia questa esistenza, ma la porta a perfezione.

1826, domenica. Data della vera o presunta lettera di protesta di Mirza Abul Hasan Ilchi a James Justinian Morier, autore delle “Avventure di Hajji Baba di Ispahan” e della continuazione, le “Avventure di Hajji Baba di Ispahan in Inghilterra” (Mirza significa “principe”). Il primo libro è un romanzo picaresco ambientato in Persia. Lo scrittore se ne intende, anche se non vede la Persia con gli occhi di un Persiano. Il secondo libro è certamente una satira, anche se non malevola, dell’ambasceria condotta, appunto, da Mirza Abul Hasan Ilchi in Inghilterra per 10 mesi nel 1809-1810. A Mirza Abul Hasan è attribuito l’elogio del parlamento inglese (di allora) nella seguente forma:”Hanno poi certe Camere piene di pazzoidi, che per metà dell’anno si incontrano con il solo scopo di litigare”. Per trovare qualcosa di simile a questo libro in fatto di comprensione della mente orientale bisogna arrivare al Capo XV di “Scinde, la vallata infelice”, di Richard Francis Burton, venti anni dopo. I due romanzi, ed altri ancora, di Morier, sono ora dimenticati, ma non è giusto: mi sento di raccomandare caldamente almeno il secondo.
(“The Adventures of Hajji Baba of Ispahan”, 1824, 387 pagine)
(“The Adventures of Hajji Baba of Ispahan in England”, 1828, 291 pagine)
(“Scinde, the Unhappy Valley”, 1851, 625 pagine).
Per i curiosi, Scinde è la valle dell’Indo, cioè l’attuale Pakistan, di cui vengono descritti luoghi, persone, leggende, usi e costumi.