Sardonicus dixit:”La condivisione delle conoscenze ne aumenta le quantità.”
27 luglio
1054, mercoledì. Battaglia di Dunsinane con sconfitta di Macbeth (propiziata dal fatto che la foresta di Birnam “si mise in moto” verso Dunsinane). Veramente Macbeth non morì nella battaglia, ma tre anni dopo. Non che importi molto, quando si tratta di Shakespeare.
(“Macbeth”, composta probabilmente tra il 1603 e il1606, V atti, la più breve tragedia di Shakespeare. Da leggere, anche se molti attori britannici ritenevano che portasse scalogna recitarla).
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1555, sabato. Lettera di Alfonso della Viola a Benvenuto Cellini. La corrispondenza tra i due è il soggetto della prima delle “Serate dell’Orchestra”, di Hector Berlioz. Si tratta di venticinque - come dovremmo dire? - racconti , inquadrati in una bizzarra cornice, che è poi l’orchestra di un teatro d’una città anonima (fino ad un certo punto), in cui i gli orchestrali, quando sono sfaccendati durante un’esecuzione musicale, soprattutto di un’opera scadente, chiacchierano fra loro e si raccontano storie a turno. Il tema di fondo è la critica musicale e il mondo della musica della prima metà dell’Ottocento visto attraverso Berlioz. Ma nei racconti c’è di tutto: rievocazioni storiche, aneddoti più o meno apocrifi, considerazioni serie e seriose, storie fantastiche (si veda l’esilarante finale della XVIII serata, in cui gli ultimi concorrenti al Conservatorio che devono suonare il concerto in Sol minore per pianoforte di Mendelssohn fuggono terrorizzati perché…). C’è anche un racconto di fantascienza musicale ambientato nel 2344, con descrizione della cittadina di Euphonia, che a me ricorda da vicino un’altra opera letteraria che non è, per molti motivi, in questa collezione.
(“Les soirées de l’orchestre”, 1852, 25 serate, circa 400 pagine)
La lettura dell’autobiografia di Berlioz può aiutare a comprendere diversi riferimenti.
(“Mémoires”, pubblicate postume nel 1870 dopo un primo saggio nel 1865, 1.3 Mbytes, 720 pagine).
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1809 (incerto – nel qual caso sarebbe un giovedì). Esecuzione della famiglia del Marchese di Leganes (tutti meno il figlio maggiore) nella novella “Il Verdugo” (cioè il boia) di Honoré de Balzac. La novella è bella e va letta; è breve e quindi non ne dico niente. Sfortunatamente è anche, per quanto posso capire, del tutto apocrifa, ma perfettamente credibile nella Spagna di allora. Se sia pensabile nella Spagna di oggi lo lasciamo decidere agli Spagnoli.
(“El Verdugo”, 1829, una decina di pagine).
La novella impressionò Adelbert von Chamisso che ne fece un poemetto, più che altro mettendo in versi il testo di Balzac.
( “Don Juanito Marqués Verdugo de los Leganes”, 1836, 92 terzine)
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