Anche in questo nuovo post Sardonicus si lascia andare ad uno schizzo della sua patria, Alghero, quale fu soprattutto fino circa alla fine del “miracolo economico”. In un altro dei suoi post ha parlato soprattutto di pesca, cioè, sostanzialmente, ha narrato storie del mondo degli uomini e dei ragazzi, per lo più già grandicelli. Qui parla di un’attività che invece fa balzare dalle pagine, soprattutto dell’introduzione, figure di donne di tutte le età, bambini e bambine: l’arte della preparazione casalinga dei dolci. Questa non era un’attività costante, come la pesca, ma un’attività rara (due volte all’anno, a parte speciali ricorrenze) e forse per questo curatissima, anche se non molto considerata dall’altra parte del mondo di Alghero, quello degli uomini. Questi, ci informa Sardonicus, raramente mangiavano dolci, e consideravano quasi disonorevole per un uomo l’apprezzarli.
Naturalmente non mancano le ricette. L’arte dolciaria di Alghero era per lo più un’arte povera, ma la necessità di usare gli umili prodotti disponibili, ma naturali e perciò genuini, di supplire con una lunga lavorazione a ciò che altrove si faceva ormai a macchina (e presto il contagio - deprecato da Sardonicus - si sarebbe diffuso anche ad Alghero), la ricerca di quel qualcosa di personale e quasi segreto, che distingueva il dolce di una certa famiglia dal medesimo dolce preparato da altre mani, dava ai dolci di allora un sapore speciale, indimenticabile, ma ormai appartenente al passato.
E poi, naturalmente, in questa raccolta non mancano gli aforismi dolciari. Sardonicus non rinuncerebbe a raccogliere e comporre aforismi in qualsiasi circostanza, anche la meno appropriata. Buon per lui, che in ogni circostanza sa vedere il lato umoristico, o grottesco, o almeno poco abituale.
Infine, come il solito, abbonda nei suoi scritti, specie nell’introduzione, l’uso del dialetto algherese, dialetto non italiano, nè sardo, ma catalano. Un tempo non sopportavo questa sua abitudina, che sembra voler rendere a bella posta i suoi testi incomprensibili. Ma a poco a poco mi ci sono abituato: per noialtri estranei è un po’ come ritrovarsi bambini, che non capiscono completamente il linguaggio degli adulti, ma lo ricostruiscono nelle loro menti a poco a poco, ascoltando e riascoltando (qui leggendo e rileggendo), e mettendo nel loro contesto le stesse frasi. Ancora un paio di storie come questa e va a finire che l’algherese lo imparo anch’io.
Buona lettura.
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