Sardonicus dixit :”Dobbiamo sopportare tutti il peso dell’altrui ignoranza. La nostra la subiscono gli altri.”
9 dicembre
1936, mercoledì.
Ma non posso sapere se, all’ultimo, nella fantasia di mio Padre, che fu occupata da questi fantasmi durante tutta la penultima nottata della Sua vita…..se in quell’ultimo concepimento la materia non gli si fosse atteggiata altrimenti, né se Egli non avesse già trovato altri movimenti all’azione, o sensi più alti al Mito. Io seppi da Lui, quella mattina, soltanto questo: che aveva trovato un olivo saraceno. «C’è, » mi disse sorridendo « un olivo saraceno, grande, in mezzo alla scena: con cui ho risolto tutto». Così Stefano Pirandello, circa la conclusione del dramma “I Giganti della montagna - mito incompiuto”, di Luigi Pirandello, che morì il 10 dicembre. L’atto II termina con la tonante cavalcata dei giganti della montagna, che scendono al paese per la celebrazione delle nozze di Uma di Domio e Lopardo d’Arcifa. Manca l’atto III, ma già a questo punto si intuisce che Pirandello è ormai salito su montagne incomprensibili, dove io almeno non riesco più a seguirlo.
(“I Giganti della montagna”, 1934, postumo e incompiuto, due atti e schema del terzo).
I Giganti non si sono visti nei primi due atti e non si sarebbero visti neanche nel terzo. Alla fine, probabilmente, la compagnia degli Scalognati avrebbe recitato, non per i Giganti, che compiono opere grandiose e per queste cose non hanno tempo, ma per un pubblico incolto che avrebbe infine massacrato gli attori. Ma la poesia, avrebbe detto il capocomico Crotone, non è tuttavia morta. Essa attende soltanto.