Sardonicus et DE dixerunt:”Respingete le mie dimissioni, altrimenti non me ne vado”
1 gennaio
1477, mercoledì. Descrizione della battaglia di Nancy, con cui, al capitolo XXXVI, si conclude di fatto il romanzo “Anna di Geierstein, la fanciulla della nebbia”, di Walter Scott. Però la battaglia avvenne il 5 gennaio 1477 (vedi questa data).
È giusto che l’anno inizi appunto con un evento di cui sappiamo con certezza che non accadde in questa data, anche se fu un non insignificante evento storico. Non è questa l’unica imprecisione nel romanzo in questione, e Sir Walter ne era ben conscio, tanto da fare le sue scuse all’inizio dell’introduzione, imputando le inesattezze alla sua memoria ed alla sua cattiva salute.
1659-1660, domenica.
“Blessed be God, at the end of the last year I was in very good health…- Grazie a Dio, alla fine dello scorso anno godevo di ottima salute”. Ha così inizio il Diario di Samuele Pepys (vedi anche 31 maggio). Ma nel Regno Unito era il 1659 o il 1660? L’anno incominciava ufficialmente il 25 marzo, e l’anno fiscale inglese per lungo tempo incominciò in quella data, poi cambiata al 6 aprile quando fu accettato il calendario Gregoriano (1752). Tuttavia era diffusa l’idea di considerare come capodanno il primo gennaio. Così possiamo dire che Samuel Pepys iniziò la sua opera il 1 gennaio 1660 (e non 1659) tanto per i Britannici quanto per noi.
I Diari di Pepys (“The Diary of Samuel Pepys”), originariamente scritti in una sorta di stenografia, sono un monumento alla perseveranza dello scrittore ed anche senza dubbio una gradevole lettura per un lettore paziente. Dopo diverse edizioni parziali a partire dal 1825, la prima edizione completa (1970-1983) fu in nove volumi, più indici e note. Per un decennio (1 gennaio 1660-31 maggio 1669), tutto vi è annotato, dalla vita matrimoniale (ed extra) dell’autore ai fatti politici (Pepys era un alto funzionario e membro del Parlamento), passando per la peste e l’incendio di Londra.
Tutto ciò è assai lodevole, ma il 1 gennaio 1496 (venerdì) un altro diarista aveva incominciato la sua opera ancor più ciclopica. Non essendo Inglese, ma solo un rozzo meridionale, noi Italiani tendiamo a dimenticarcene. Questo è l’incipit dell’opera: “ADSIT OMNIPOTENS DEUS. Marini Sanuti Leonardi Filii Patricii Veneti, de successu rerum Italiae anno Domini MCCCCLXXXXVI etc. – MI ASSISTA DIO ONNIPOTENTE. Opera di Marino Sanudo, figlio di Leonardo, Patrizio Veneto: Cronaca degli eventi d’Italia dall’anno del Signore 1496 etc.) ”. In questi diari, che non sono in latino, ma in lingua veneta più o meno felicemente italianizzata, c’è di tutto, dalla politica internazionale e veneta, di cui il Sanudo era ben al corrente, avendo accesso ai documenti ed alle sedute del Maggior Consiglio – e Venezia era allora informata su tutto – agli eventi culturali, alla cronaca spicciola cittadina. Sono invece meno presenti gli aspetti strettamente personali. Comunque si tratta di 58 volumi manoscritti in folio che coprono gli anni 1496-1533. Il primo a ravvivarne la memoria fu un Inglese, Rawdon Brown, che nel 1836-38 pubblicò sull’opera del Sanudo tre volumi. In quanto a Marin Sanudo, impareggiabile cronista della sua patria e discendente da una delle prime famiglie di dogi di Venezia, i Candiano, credo che non si sappia neppure dove sia sepolto. Forse a San Francesco della Vigna.
1820, sabato. Eugenia Grandet deve infine risolversi a rivelare al padre di aver dato tutto il suo oro al cugino. Eugenia è la quieta protagonista dell’omonimo romanzo di Honoré de Balzac, che fa parte delle “Scene della vita di provincia”, della Commedia Umana. Il romanzo, che si svolge tra il 1819 e il 1827, durante la Restaurazione, ci porta in provincia, a Saumur, in un mondo chiuso e ristretto che il padre di Eugenia, vecchio taccagno, fa l’impossibile per rendere ancora più chiuso e ristretto per la figlia. Giunge il bel cugino Carlo, e il resto se lo leggerà il lettore amante del classico. Spero che lo leggano anche altri, perché ne vale senz’altro la pena.
(“Eugénie Grandet”, 1833, 396 Kbytes)
Per la Chiesa ortodossa questo è il giorno di san Basilio (Vasili), il quale gioca(va) anche il ruolo di babbo natale. In quel giorno Ivan Khljestakov, che verrà scambiato per il temuto “Ispettore generale” in incognito, arriva nella cittadina che sarà il teatro delle sue imprese. L’azione del dramma si svolge due settimane dopo. Divertente e ben nota satira di Nikolaj Gogol’, con un ruolo nella letteratura russa che può solo essere sottovalutato. La burocrazia russa si infuriò, e non ci volle meno dell’intervento dello Zar (il famigerato Nicola I) perché la commedia fosse rappresentata. A noi può parere strano che in un’intera cittadina non ci sia una sola persona intelligente o onesta, non dico entrambi – e in tutto un dramma non un solo personaggio simpatico. È questione di gusti, però.
(“Rjevizor”, 1836, 5 atti, 186 Kbytes)
Il primo gennaio di ogni anno Swann veniva in visita a portare i marrons glacés alla prozia dell’autore. Ci viene rivelato ne “Il lato di Swann”, prima parte della “Ricerca del tempo perduto” di Marcel Proust. Su Marcel Proust c’è poco da aggiungere, visto che scrive già abbastanza lui. La sua fama è comunque meritata, e un esperimento bisogna farlo. Per esempio ci si procuri un audio-libro ben letto in occasione di un lungo viaggio, tipo Transiberiana, o una lunga degenza, tanto per restare in tema.
E’ da notare poi che Proust, nella sua ricerca sul Tempo, che diventa sempre più ossessiva nel corso del romanzo, soprattutto nel finale, citi pochissime date, ed in particolare preferisca su tutte la più banale, il 1 gennaio, che in diversi suoi volumi è la sola data precisa ad apparire.
(“La recherche du temps perdu”, quasi 10 Mb, in sette parti:
Du côté de chez Swann (1913),
À l’ombre des jeunes filles en fleurs (1919)
Le Côté de Guermantes (2 voll. 1920-1921)
Sodome et Gomorrhe I et II (1921-1922)
La Prisonnière (postumo, 1925)
Albertine disparue (postumo, 1927) (titolo originale : La Fugitive)
Le Temps retrouvé (postumo, 1927)
Swann è universalmente noto come Swann, tout court. Per gli indiscreti, si chiamava Charles. Alcuni dicono che La Recherche sia il più lungo romanzo della letteratura mondiale. Sarà. “Gli uomini di buona volontà”, di Jules Romains, è in 27 volumi, forse 7000 pagine; Mademoiselle de Scudéry, con il suo “Artamène ou le Grand Cyrus - Artameno, ovvero Ciro il Grande” arriva a 13000 pagine. Un romanzo di fantascienza postumo moderno di Henry Darger, “The story of the Vivian girls - la storia delle figlie di Vivian”, è in 15000 pagine.
1900, lunedì. Lucien Bergeret fa l’elemosina di due soldi al mendicante Clopinel. Segue lunga lezione/discussione tra lui e l’amabile figlia Pauline sulla “esecrabile pratica” dell’elemosina, che riempie l’intero capitolo XVII, 3469 parole di argomenti squisitamente teorici ed utilissimi per non fare mai la carità. Non è però chiaro quanto l’autore creda a Monsieur Bergeret. Da “Monsieur Bergeret a Parigi”, di Anatole France. Vedi 6 maggio.
Anno imprecisato di fine Ottocento. Dopo mezzanotte, “cominciava, nella notte d’inverno, la veglia funebre di ** ….assistito dal pianto, dai singulti, dalle interrotte parole di amore e di dolore di Carmela Minino, ballerina di terza riga, al teatro San Carlo” a Napoli.
Explicit del bel racconto “La ballerina”, di Matilde Serao, storia di un cuore puro e triste in un ambiente corrotto.
(“La ballerina”, 1899, 64 pagine)