9 Gennaio

Sezione: non-accadde/

Sardonicus et DE dixerunt: “La troppa automazione ci impedisce ormai di far macchina indietro.”


9 gennaio

1610, sabato. “Quapropter maximo cum desiderio sequentem expectavi noctem; verum a spe frustratus fui, nubibus enim undiquaque obductum fuit cælum. - Per questo con gran desiderio aspettai la notte successiva: ma la mia speranza fu delusa, perché il cielo fu tutto coperto di nubi”. E’ Galileo che parla, nel Sidereus Nuncius. Galileo osserva i satelliti di Giove il sette gennaio. Potrebbero essere tre stelline qualsiasi, ma sono su una retta parallela all’eclittica, e il giorno otto la posizione relativa di Giove e delle stelle è mutata. Chi e perché si muove così rapidamente? Se il 9 gennaio a Padova non fosse stato nuvoloso, Galileo avrebbe concluso che queste stelline erano tre satelliti di Giove e la vita nuova della scienza sarebbe incominciata un giorno prima. Con chissà quali conseguenze. Ma non accadde quest’oggi.
(“Sidereus Nuncius”, 1610, 30 pagine, circa 10000 parole)


(Anno non precisato) “On the ninth of January, now four days ago,…- Il nove di gennaio, cioè quattro giorni fa…”, incipit della “narrazione del Dott. Lanyon”, racconto nel racconto, da cui incominciamo ad apprendere i retroscena de “Lo strano caso del Dott. Jekyll e del Signor Hyde”, di Robert Louis Stevenson. Rileggere questo lungo racconto mi ha fatto rimpiangere il vantaggio e la maledizione di possedere la facoltà della memoria, perché, dopo di aver sentito, letto e visto in più o meno felici realizzazioni questa storia straordinaria, mi sono reso conto che non avrei più potuto leggerla provando le stesse sensazioni della prima volta. Faccio al lettore l’impossibile augurio di non aver mai sentito parlare del Dott. Jekyll e di Mr. Hyde, e quindi di poter prender subito in mano il libro appassionante, che lo porterà per la Londra vittoriana, con i suoi cieli, la sua nebbie, il suo vento, “il sordo ruggito da tutt’intorno - the low growl … from all round”, che giunge nei vicoli più deserti anche la sera della domenica. (“Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde”, 1886, 150 Kbytes).
Del tutto irrilevante, ma poco comune, è sapere che i due protagonisti si chiamavano rispettivamente Henry Jekyll e Edward Hyde.
Per un curioso scherzo del destino, i nomi di R.L. Stevenson e Mr. Hyde riapparvero qualche anno dopo associati in modo del tutto diverso. Un pastore protestante di Honolulu, di cui Stevenson, presbiteriano, era stato ospite in occasione di un suo viaggio in yacht nei mari del sud, aveva calunniato la memoria dell’apostolo dei lebbrosi, il cattolico Padre Damiano de Veuster, morto di lebbra da pochi mesi (15 aprile 1889), definendolo “rozzo, sporco, testardo e intollerante” (il che, incidentalmente, era perfettamente vero), oltre che riportando la diceria che la lebbra l’aveva contratta per via sessuale (il che era falso). Stevenson, che era stato al lebbrosario di Molokai poco dopo la morte di Padre Damiano, aveva capito qualcosa di più e pertanto scrisse una “Lettera aperta al Reverendo Dr. Hyde di Honolulu, da Sydney, il 25 febbraio 1890”, in cui (con furia belluina) spiegò al Dr. Hyde (si chiamava proprio così, Charles M. Hyde) che se anche Padre Damiano avesse avuto tutti i difetti di cui era accusato e qualcuno in più per giunta, sarebbe comunque stato un gigante rispetto agli altri mortali. Chi vuole vivere questa avventura umana non ha che leggersi la lettera, e magari anche una biografia di Padre Damiano, lettura che consiglio comunque caldamente. Non occorre un lungo libro per vederne emergere, appunto, il gigante.