“Non vedono le sbadate Muse nell’elargire i loro doni, nè i fortunati destinatari nell’usarli. Quanto ai fruitori finali, essi sono completamente ciechi” (DE et Sardonicus)
17 aprile
1355, venerdì, esecuzione del Doge Marin Faliero. La decapitazione avviene tra la scena III e la scena IV dell’atto V della tragedia di Lord Byron (George Gordon Byron). Alla fine della scena terza, il doge parla “al Tempo e all’Eternità”, maledicendo Venezia e prevedendone la fine ingloriosa. È invece storicamente accertato che il Doge chiese perdono al popolo e lodò la giustizia che veniva compiuta con la sua esecuzione (Cronaca Savina). Che cosa è meglio, la storia o l’invenzione romantica?
(“Marino Faliero, Doge of Venice; a historical tragedy in five acts”, 1820, V atti, 182 pagine).
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L’esecuzione di Marin Faliero, citata di sfuggita nel Capo 11, è uno dei pochi fatti databili (anche se assolutamente inessenziale al romanzo) che appaiono nello pseudo romanzo storico “Il bravo” di James Fenimore Cooper. Interessante testo, perché pare quasi che l’autore non potesse sopportare l’idea che fosse esistita un’antichissima e benemerita repubblica Europea e cattolica e fosse perciò suo dovere metterne in luce i crimini spaventosi e via dicendo. Da leggersi più come frettoloso libello che come libro, e soprattutto se non c’è altra carta stampata nel giro di qualche chilometro.
(“The Bravo”, 1831, 812 Kbytes).
Secondo Henry Dudeney, autore di un non banale libro di matematica divertente, gli “Indovinelli di Canterbury”, ispirati ai Racconti di Canterbury, di Geoffrey Chaucer (vedi 28 aprile), non ci sono dubbi. I pellegrini protagonisti dell’opera di Chaucer partirono da Southwark il 17 aprile 1387. Dudeney fu un riconosciuto specialista di indovinelli e problemi matematici, e quindi gli si potrebbe anche credere, se sull’argomento non fossero stati versati fiumi di inchiostro pro e contro questa ed altre date.