Sardonicus dixit: “Quanto poco rimangono assieme sapere e potere, spesso meno di niente…”
11 maggio
1745, martedì. Battaglia di Fontenoy nella Guerra di Successione Austriaca. Giacomo il fatalista vi partecipa ed è ferito ad un ginocchio, come racconta all’inizio del romanzo “Giacomo il fatalista ed il suo padrone”, di Denis Diderot, un romanzo (che però, dice l’autore, non è un romanzo) indisponente e divertente al tempo stesso. Si tratta di un viaggio senza meta evidente di due personaggi, un padrone di cui non si sa il nome, ed il valletto Giacomo, che probabilmente zoppica per la vecchia ferita al ginocchio (ma i due sono per lo più a cavallo). Per tutto il romanzo il padrone chiede con insistenza che Giacomo racconti la storia dei suoi amori. Di questi amori però, per incidenti vari, interruzioni, divagazioni, altre storie, interferenze dell’autore che si mette a dialogare stizzosamente col lettore, in fondo sapremo abbastanza poco. I dialoghi tendono all’assurdità. Incidentalmente, Giacomo è fatalista (tutto sta scritto in una sorta di copione lassù), ma solo fino a un certo punto.
Romanzo leggero, senza trama, libertino, come un’enorme fine arabesco, senza principio e senza fine, senza principi e senza fini, umorismo di ghiaccio.
(“Jacques le fataliste et son maître”, 1796, postumo; 605 Kbytes).
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(vecchio stile) prima nota dal diario di Pechorin in “Un eroe del nostro tempo” di Mikhail Lermontov. Vedi 27 giugno.