Sardonicus dixit: “Chi possiede la felicità non si chiede che cosa sia.”
16 giugno
1815, venerdì. Data della lettera di George Osborne, scritta al padre, nell’imminenza della battaglia di Waterloo, in “La Fiera di Vanità” di William Thackeray. La lettera è uno dei punti focali del romanzo. George Osborne ha rotto ogni legame con il padre per sposare Amelia Sidley. La lettera non dice molto, ma prega il padre di prendersi cura della moglie e del figlio. Ciò che Osborne padre farà. Ottocento.
Può interessare far la conoscenza di Becky Sharp, per scoprire che il romanzo, pur nel suo pessimismo, è ben raccontato , pieno di situazioni interessanti e commenti brillanti. Interessante, nel capo LXII, la visione della Germania prima dell’unificazione del 1871, come collezione di staterelli da operetta. Evidentemente il velo sul futuro non si era aperto per Thackeray.
(“Vanity Fair”, 1847-1848, 1.68 Mbytes).
Nota pedante tanto per cambiare. Il titolo “Vanity Fair” sarebbe tradotto meglio come “Fiera di Vanità”. Vanità è il nome di un villaggio immaginario situato nel romanzo edificante “Viaggio del pellegrino - The Pilgrim’s Progress” (1678), di John Bunyan, uno dei best sellers di tutti i tempi, oggi ottima lettura per lettori che preferiscono annoiarsi leggendo, piuttosto che facendo altro o non facendo niente del tutto.