Sardonicus dixit:”Tutto ciò che abbiamo è in prestito dai ladri.”
27 giugno
(vecchio stile) ultima data citata nel diario di Grigori Pechorin, da “Un eroe del nostro tempo” (Capo 18, libro III), di Mikhail Lermontov. Quando non si conosce affatto un libro è un interessante esercizio cercare di ricostruire dal titolo quale ne possa essere il soggetto. Chi non conosca questo libro può giocare il gioco e farsi le sue idee. Poi legga (non perderà il suo tempo, perché questo è senz’altro un classico da conoscere). Ma difficilmente avrà indovinato. Si tratta di alcune geniali e profonde novelle, con un filo conduttore abbastanza tenue, ambientate in precise parti dell’ex-Impero russo che l’autore, sovente interrompendo il racconto, descrive vividamente con abilità di pittore, quale in effetti era. Con eguale maestria è descritto il carattere dell’eroe Pechorin, che lascerò al lettore scoprire e valutare per conto suo.
C’è anche la descrizione di un duello del tutto atipico, che avviene il 28 giugno. L’autore morì in duello nel 1841 a 27 anni. Pushkin, suo grande contemporaneo, era morto quattro anni prima, anche lui in duello, a 38 anni. E anche lui, nel suo capolavoro Eugenio Onjegin aveva descritto un duello importante nell’economia del racconto. Sembra che i grandi poeti russi del tempo fossero affascinati dai duelli e li descrivessero meglio di quanto non li combattessero.
(“Gjeroj nashjevo vrjemjeni”, 1840, 377 Kbytes)
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1675, giovedì, a sera. Incomincia l’azione de “Il Principe Federico di Homburg”, di Heinrich Von Kleist. Siamo alla vigilia della battaglia di Fehrbellin, in cui i Tedeschi batterono gli Svedesi per la prima volta e la Prussia scoprì il proprio destino storico e, per sua e nostra sfortuna, militare. Von Kleist accetta la versione alquanto leggendaria dei fatti, che la vittoria fu dovuta in particolare all’azione del Principe Federico di Homburg in violazione degli ordini ricevuti. Il Principe, che nella tragedia è un personaggio assai poco convenzionale, venne quindi condannato a morte, cosa che accettò lealmente, rinunciando alla vita ed al suo amore per la Principessa Natalia, nipote del Principe Elettore di Brandeburgo. Tuttavia…
(“Prinz Friedrich von Homburg, oder die Schlacht bei Fehrbellin”; tragedia scritta nel 1811, messa in scena in versione ridotta solo nel 1821, cinque atti in versi sciolti)
La tragedia faceva parte di una meta-tragedia. Kleist l’aveva dedicata alla Principessa Amalia, cognata del re di Prussia, a cui però non piacque il personaggio “esistenzialista” del protagonista. Sembra che questo rifiuto sia stato uno dei fattori (unitamente a molti altri) che spinsero l’autore al suicidio insieme alla compagna Henriette Vogel il 21 novembre 1811. Sulla sua tomba sta scritto un verso del “Principe Federico di Homburg”: “O immortalità, ora sei tutta mia! - Nun, o Unsterblichkeit, bist du ganz mein”.
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1866, mercoledì. Dopo la battaglia di Custoza (fatta passare dall’autore più o meno come vittoria Italiana), la contessa Livia va a cercare a Verona il tenente Remigio Ruz e…., come ci racconta la novella “Senso”, di Camillo Boito, architetto e letterato, fratello del più famoso Arrigo.
(“Senso”, da “Nuove storielle vane”, 1883, 11500 parole, circa 40 pagine)
Ma se si pensa che il racconto sia bello, per l’amor del cielo, ci si procuri subito una copia del film omonimo di Luchino Visconti (1954). Sono certo che anche Camillo Boito ammetterebbe qualcosa di inaudito per un autore, cioè che il film, ad onta delle molte varianti introdotte, è assai migliore del racconto, e che il monologo del tenente Franz Mahler, che spiega alla contessa Livia Serpieri l’inanità della vittoria di Custoza, che non impedirà il declino e la fine di un Impero e di un intero mondo, è un’aggiunta di classe superiore. E poi verrebbe quasi da sospettare che la musica della settima sinfonia di Bruckner sia stata scritta per questo film.