Sardonicus dixit:”All’essere dimenticati preferiamo l’essere ingannati.”
15 agosto
1821, mercoledì. Alle dieci di questa sera, giorno del suo compleanno, Thomas De Quincey va a rivedere la strana casa in Oxford Street, a Londra, in cui ha passato parte della sua miserabile giovinezza. Il libro (“Le confessioni di un mangiatore d’oppio”), farraginoso e mal organizzato, è interessante e contiene una delle poche descrizioni letterarie accurate, anche se non esaurienti, delle esperienze di un mangiatore d’oppio.
(“Confessions of an English Opium-Eater”, 1821, 237 Kbytes).
L’autore è, a mio parere, un genio che in qualche modo non è riuscito ad esprimersi. Ad un certo punto, lasciando la strada di Londra dove ha vissuto come ragazzo miserabile, esce nell’apostrofe che inizia con le parole:
“So then, Oxford Street, stony-hearted step-mother! thou that listenest to the sighs of orphans and drinkest the tears of children, at length I was dismissed from thee;.. – E così, Oxford Street, matrigna dal cuore di pietra! Tu che ascolti il pianto degli orfani e bevi le lacrime dei bambini, finalmente mi lasciasti andare;…”. Per me questo brano è dettato direttamente dalle Muse e mi torna in mente tutte le volte che rivedo Oxford Street.
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19**, vigilia di uno sciopero fallito di tipografi, ne “ Gli ammonitori” di Giovanni Cena, romanzo realista-socialista basato, con non originale finzione letteraria, sul manoscritto di un tipografo dalle intenzioni suicide, Martino Stanga. Le vicende del casamento Acropoli, in Via San Donato a Torino, e dei suoi personaggi, in cui l’amore romantico ha più posto che nei romanzi di Zola, sono descritte con umana partecipazione. Le considerazioni filosofico-sociali, forse perché meglio dette da altri e comunque ormai sentite e risentite, sono un poco più indigeste. E poi, non sappiamo se Martino Stanga metterà in atto i suoi piani.
(“Gli Ammonitori”, 1903-1904, circa 140 pagine)