1529, giovedì. “Comparì l’esercito condotto da Filiberto di Chalons, principe d’Orange, pose il campo sui colli che sono a mezzogiorno di Firenze il 24 ottobre 1529,…”. Di nuovo (vedi 15 gennaio) Massimo d’Azeglio parte subito con una data sbagliata, perché l’assedio incominciò in realtà il 14 ottobre. Siamo all’inizio del “Niccolò de’ Lapi”, romanzo storico ambientato ai tempi dell’assedio di Firenze (1529-30). Per quanto più tardo e più evoluto dello ”Ettore Fieramosca”, dello stesso autore, il “Niccolò de’ Lapi” è però meno noto. Le romanzesche vicende di Niccolò, Lamberto, Lisa, Laudomia, Selvaggia, Troilo, ed altri, corredate di ogni artificio romantico, possono tuttavia ancora attirare il lettore. Non manca di interesse Fanfulla da Lodi, beniamino dell’autore e dei lettori ottocenteschi, che, dopo la sua felice comparsa nello “Ettore Fieramosca”, qui si presenta essendo presumibilmente risuscitato dopo la battaglia di Pavia (1525), dove i più pensano che sia morto. Ma gli autori romantici si sentivano in diritto di fare questo ed altro. Il romanzo, soprattutto per le frequenti considerazioni morali, ebbe un suo significato nell’educazione nazionale risorgimentale. Ora il suo compito è finito, e gli Italiani post-risorgimentali sono stati quello che sono stati e sono quello che sono… ma il romanzo si può ancora leggere. Perché no?
(“Niccolò de’ Lapi, ovvero i Palleschi e i Piagnoni”, 1841, circa 850 pagine).
Francesco Domenico Guerrazzi aveva già scritto un suo “Assedio di Firenze”. I personaggi dell’un romanzo non incontrano mai quelli dell’altro. Ma in fondo non è strano: all’inizio dell’assedio c’erano in Firenze 120.000 persone. Il romanzo, declamatorio, piacque a Mazzini, ma a me pare scritto in uno stile assolutamente insopportabile: in confronto, il Niccolò dei Lapi sembra scritto ieri.
(“L’assedio di Firenze”, 1836, circa 800 pagine).
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24 ottobre 1917, mercoledì. Disfatta Italiana a Caporetto, trattata in vari memoriali, racconti, romanzi. In particolare ricordiamo il romanzo “Addio alle Armi”, di Ernest Hemingway. Il 24 ottobre e giorni seguenti il protagonista Frederick Henry col suo gruppo di ambulanze viene travolto dalla ritirata e rischia di essere fucilato come disertore al ponte sul Tagliamento. Frederick ritroverà Catherine, per poi perderla, e anche la sua “generazione perduta” finirà col non ritrovarsi più.
(“A Farewell to Arms”, 1929, 336 pagine).