Un’indagine del Touring Club Italiano del 2008 stimava che in Italia ci fossero circa 5.000 borghi abbandonati. Anche facendo stime conservative penso che tra comuni e frazioni, nel XX secolo più di duemila abitati siano stati spopolati e siano ormai in completo abbandono. Può essere un bene, può essere un male, può essere un fatto inevitabile e irreversibile oppure no. Lascio queste indagini e relative conclusioni agli esperti di demo-grafia. Certo, il vedere desolatamente abbandonate borgate che solo sessant’anni fa mi sembravano piene di vita mi dà una profonda malinconia. Stringe il cuore vedere campi e frutteti rinselvatichiti, chiese in rovina, piloni e cimiteri abbandonati o vandalizzati, mentre l’unica voce che risuona in viuzze, piazze e case dalle porte sfondate e tetti in rovina, è quella di una fontana, che continua a riempire una vasca secolare per chi non c’è più. Per me, è uno spettacolo che diffonde un messaggio profondo di vanità delle cose umane.
Ma è inutile continuare questa solfa. Io sono soprattutto interessato al fatto che inevitabilmente ci dovettero essere degli “ultimi” a lasciare ogni villaggio oggi abbandonato. Nei casi più felici si sarà trattato di una partenza concertata in una o più famiglie. Ma sono certo che in moltissimi casi ci deve essere stato un “ultimo abitante” che non ha voluto abbandonare il suo paese natale, ha vissuto nella solitudine i suoi ultimi giorni e vi è morto. Ammiro queste persone, anche se devo dire che in un villaggio abbandonato, da solo, io non ci vivrei, anche perché non sarei capace di sopravviverci. Eppure penso che almeno un migliaio di persone lo deve aver fatto.
Ho sentito parlare di una di queste persone, Tanta Lussia (pronuncia Lüssìa) cioè Zia Lucia, che visse diversi anni da sola, in una borgata piemontese che l’accorto lettore potrebbe facilmente identificare. Nel mio racconto, una sorta di condensato di romanzo storico, ho preferito identificare con una sola lettera (A*) il nome della borgata, e con tre asteristichi il capoluogo, soprattutto perché, lo ammetto, della vera storia di Tanta Lussia io non conosco assolutamente nulla, e quindi la storia che racconto io, sottolineo, è del tutto inventata, come sono inventati tutti gli altri personaggi principali, tranne pochissimi che sono storicamente accertabili. I discendenti, se ancora ne esistono e se riconoscono la loro zia o prozia, spero che non me ne vogliano. Ma possono star sicuri: ho aspettato quasi settant’anni a scrivere questa storia, e credo proprio che ci siano pochi altri che possono riconoscere la persona, e confermare che la sua storia fu tutta diversa, e magari assai più interessante.
Come il solito, avverto che cliccando sull’icona di Acrobat in alto a sinistra sul riquadro che contiene il post, si può scaricare il testo in formato pdf, con tutti i vantaggi di un Acrobat Reader. Qualche Browser ogni tanto ha dei problemi. Si cambi browser, con tanti auguri.