Devo dire che un po’ per un motivo, un po’ per un altro, compilare questa grammatica mi è costato, in tempo e in lavoro, assai più del previsto. Pure, essendo Torinese, cioè nato in una città che alberga uno dei maggiori Musei Egizi del mondo, mi pare di aver infine compiuto in certo senso un mio dovere, concepito quando per la prima volta varcai la soglia dell’Accademia delle Scienze di Torino. Ora questa breve grammatica (non ci si lasci ingannare dal numero di pagine: la grammatica ne occupa meno di duecento, per di più in versi), si affianca alla mia grammatica Copta, anche più schematica. Servirà a qualcuno? A me è servita, perché credo che studiare la lingua egizia, testimone del processo col quale, mentre si creava una grande e maestosa cultura, si creava faticosamente la lingua, cioè lo strumento del pensiero discorsivo, sia un esercizio che vale la pena, soprattutto in un’epoca come la nostra in cui lo sforzo pare rivolto a distruggere le tradizioni, la cultura, la lingua e - se possibile - il pensiero stesso.
Grazie dunque ai grandi del passato, che permisero al Museo Egizio di Torino di esistere, grazie al Drovetti, grazie a Re Carlo Felice di Savoia (che non amava Torino, ma le regalò il più importante dono fatto da un Savoia alla città), e poi grazie ai grandi egittologi di tuti i Paesi, che hanno reso possibile questo mio modestissimo riassunto dei loro sforzi.
Devo dire che sono contento di aver compiuto questa Grammatica prima che il Museo, come temo, venga trasformato in una Disneyland politicamente corretta, e adattata alle esigenze drammatiche come sono intese a Hollywood, il cuore pulsante della cultura moderna.

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