Don Severino, in realtà era Monsignore, ma era un amico di famiglia e io fin da bambino l’ho conosciuto con questo nome. Uomo coltissimo e modesto, preferì non seguire la carriera brillante che la sua intelligenza gli prometteva (a trent’anni era già Vicario del Suo Vescovo), per dedicarsi ai suoi anziani genitori e ai suoi studi di antichità Piemontesi. Tutti quelli che lo conoscevano sapevano che era un sant’uomo, destinato a essere vittima di persone che sapevano di non correre rischi a umiliarlo. Così, un giorno, quando era ormai vecchio, i suoi superiori decisero che occupava un ufficio di troppo e gli fecero trovare le sue amate carte fuori della porta dell’ufficio, chiuso a chiave, perché sgombrasse. Certo, un giorno sarà dimenticato anche lui, sorte comune di piccoli e di grandi, di arroganti e di modesti. Ma Lui sapeva che c’era una ricompensa per Lui preparata altrove.
Il ritratto l’ho copiato da quello, a matita, e assai migliore, di un pittore professionista, di cui non sono riuscito a leggere bene il nome.