1760, giovedì. Nella notte tra il 15 e il 16 ottobre, in occasione della battaglia di Kloster Kampen, muore il cavaliere Nicolas Louis d’Assas, noto per un unico atto di valore: accortosi che il suo reggimento d’Alvernia stava cadendo in un’imboscata diede l’allarme a gran voce, il che causò la sua morte immediata. La frase celebre è “A moi, Auvergne ; c’est l’ennemi ! - A me Alvernia! È il nemico!”.
Si tratta anche del soggetto di una stampa descritta brevemente nel “ Viaggio intorno alla mia stanza” di Xavier de Maistre, libro singolare in cui l’autore descrive il suo viaggio semi-immaginario mentre era agli arresti domiciliari per un duello, a Torino, durante il carnevale del 1790. L’arresto doveva durare quarantadue giorni, ma la pena fu accorciata, e il viaggio nella pur piccola camera restò incompiuto, nella miglior tradizione settecentesca. I capitoli del libro, brevi, restano comunque quarantadue. Le indicazioni di luoghi e tempi sono imprecise (le prime) o inesistenti (le seconde), il che toglie al libro l’aspetto e la sostanza di un vero diario di viaggio.
(“Voyage autour de ma chambre”, 1794, XLII capitoli, 100 pagine).
A questo libro ne seguì un secondo dal titolo simile, “La spedizione notturna intorno alla mia camera”. Confesso però che a me è bastato il primo libro, pur con tutta la reverenza dovuta a un classico, e l’apprezzamento per la sua brevità.
(“Expédition nocturne autour de ma chambre”, 1825, 100 pagine).
Per tornare alla battaglia di Kloster Kampen, pare che ai soldati che lo trasportavano ferito mortalmente, d’Assas continuasse a dire : « Enfants, ce n’est pas moi qui ai crié, c’est Dubois – Ragazzi, non sono stato io a dare l’allarme. E’ stato Dubois ». Questo Dubois era un valoroso sergente che lo accompagnava. Due eroi al prezzo di uno.
La sera di giovedì 16 ottobre Rudolf Rassendyll arriva a Zenda, o meglio, vi torna, perché il libro è “Rupert von Hentzau”, di Antony Hope, e gli eventi che vengono descritti avvengono tre anni dopo quelli de “Il prigioniero di Zenda”, libro in cui però non c’è una sola data. Il tutto si svolge in Ruritania, vispo ed immaginario staterello tedesco, forse negli anni 1880-1890, perché nel Prigioniero di Zenda leggiamo che le vicende narrate avvennero circa 150 anni dopo il 1733 (e quindi l’anno del Rupert von Hentzau sarebbe o il 1884 o il 1890). L’intreccio di entrambe le opere è basato sulla straordinaria rassomiglianza tra il Re di Ruritania (uomo dappoco) ed un lontano quasi-cugino inglese (eroe senza macchia, autoritratto dell’autore). Queste due opere di Anthony Hope sono ricordate come “classici minori” della letteratura inglese. Furono anche un fortunato soggetto per film. La Ruritania, poi, è rimasta nei modi di dire inglesi.
(”Rupert of Hentzau, from the Memoirs of Fritz von Tarlenheim”, 1898, 469 Kbytes).
(“The Prisoner of Zenda”, 1894, 330 Kbytes)
Mentre i lettori volevano ancora e ancora Ruritania, l’autore doveva averne abbastanza, perché il finale del libro “Rupert von Hentzau” è sufficientemente conclusivo. Se qualche lettore affezionato si aspettò mai un seguito, anche per lui dovette valere il finale di una curiosa parodia di tragedia, “Rutzvanscad il giovane”, di Zaccaria Valaresso, Senatore Veneziano. L’eroe della tragedia è ovviamente Rutzvanscad il giovane, la scena è nella nuova Zembla, nella città di Tonzfeznprhzimk, (che saggiamente non viene mai nominata nel dramma). Il testo è goliardico, volgaruccio, con qualche trovata geniale. Vi si trova tra l’altro il seguente originale apprezzamento delle tragedie greche:
“…oh delle greche barbare tragedie,
noiose alla lettura e tetre al guardo…” (Atto II, scena IV).
Ma veniamo all’annunciato finale, di cui trascrivo le note di scena e l’ultima battuta: “Rimasta la scena vuota, quando l’Udienza faccia molto rumore, chiamando fuori gli Attori e battendo, esca il Suggeritore con la carta in mano e col cerino; poi dica i seguenti versi:
Uditori, m’accorgo che aspettate
Che nuova della pugna alcun vi porti;
Ma l’aspettate in van: son tutti morti. (Sipario).
Proprio come i personaggi del Rupert von Hentzau, con una sola eccezione.
(“Rutzvanscad il giovane”, 1724, V atti, circa 70 pagine).
Questa trovata piacque al Leopardi, che la citò nel fantascientifico “Dialogo di un folletto e di uno gnomo”, che si svolge nel felice tempo in cui gli uomini sono finalmente scomparsi dalla Terra, “parte guerreggiando tra loro, parte navigando, parte mangiandosi l’un l’altro, parte ammazzandosi non pochi di propria mano, parte infracidando nell’ozio, parte stillandosi il cervello sui libri, parte gozzovigliando, e disordinando in mille cose; in fine studiando tutte le vie di far contro la propria natura e di capitar male.”
(“Dialogo di un folletto e di uno gnomo”, dalle “Operette morali”, per cui vedi 11 ottobre. Questa operetta in particolare è del 1824).