Sardonicus dixit: “L’essere soli davanti ad un pericolo ci terrorizza talmente che ci basta avere vicino qualcuno da difendere.”
8 marzo
Il sorgere della costellazione della Corona Boreale viene posto da Ovidio (Fasti, libro III, vv.459 e segg.) al giorno 8 marzo, in ricordo di Arianna, abbandonata in Nasso da Teseo, trovata da Bacco, poi tradita e infine riamata. A ricordo del ritrovato amore, la corona donata da Venere ad Arianna come dono di nozze viene messa in cielo.
(“Fasti”, scritti all’inizio dell’era cristiana, VI libri). Vedi anche 3 febbraio e 21 aprile.
Il mito di Arianna offre l’occasione per ricordare qui uno dei più originali libretti di opera, “Arianna a Nasso”, di Hugo von Hofmannsthal, messo in musica da Richard Strauss. Lo spunto di partenza è geniale. In occasione di un suo ricevimento, un nuovo ricco di Vienna vuol che per lui siano messe in scena un’opera seria ed una commedia dell’arte. Per mancanza di tempo e scarso rispetto per l’arte, opera e commedia dovranno essere recitate simultaneamente. L’anfitrione paga e quindi non si può discutere. Dopo il brillante prologo, inevitabilmente, il dramma si perde un po’, ma si conclude, come deve, con una menzione delle stelle immortali (secondo alcuni autori la Corona Boreale rappresentava Arianna stessa, resa immortale dopo la morte). Merita lo sforzo: in un’ora-un’ora e mezza si legge tutto o si ascolta l’opera. Ma, mentre l’opera, pure geniale, ha le sue debolezze, ne ha meno il libretto, che è un’opera d’arte in sé.
(“Ariadne auf Naxos”, 1912, un prologo e un atto)
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1506, domenica, il giorno dopo la partenza di Papa Giulio II da Urbino. In questo giorno ha inizio il dialogo riportato ne “Il libro del Cortegiano”, di Baldassarre Castiglione, uno dei libri più rappresentativi del Rinascimento Italiano, anche se non facile da leggere per i periodi lunghi di stile ciceroniano, e piuttosto lontano dal nostro gusto per l’abbondanza di ragionamenti teorici, non ravvivati da aneddoti ed esempi (come invece il Galateo). Lo raccomando con una certa cautela e in particolare a lettori in crisi d’astinenza da classici. È il manuale di come rendersi graditi al principe, per mezzo della virtù somma, la cortesia. Un “cortegiano” così gradito potrà avere un influsso benefico sul principe ideale, scopo del libro. Il principe ideale, beninteso, regna in una corte ideale composta di cortigiani ideali. Per lo più non era così, anche se la corte dei Montefeltro di Urbino era una notevole eccezione.
(“Il libro del Cortegiano”, 1528, in quattro libri (opera incompiuta?), 200 pagine fitte).
Per avere un quadro storico affascinante delle corti dell’epoca si veda un capolavoro della storiografia dell’800, “La civiltà del Rinascimento in Italia”, di Jakob Burckhardt, che non nasconde i lati oscuri del Rinascimento. Tuttavia, come osservò un genio della cinematografia americana:” …in Italia, per trent’anni sotto i Borgia ci furono guerre, terrore, assassini e stragi, ma ci furono Michelangelo e Leonardo da Vinci… ”
Mentre il Cortegiano è il manuale del cortigiano, che deve rendersi gradito al Principe, il “Principe”, di Niccolò Machiavelli, è il manuale del principe, che non deve rendersi gradito a nessuno, ma deve solo mantenersi al potere. I due libri contengono quello che promettono (non c’è bisogno, credo, di cercare secondi fini più astrusi), e quelli che cercarono di metterli in pratica finirono col fare dell’ipocrisia, più o meno abbellita, la virtù somma per governare e per piacere ai governanti. Fortunatamente i tempi sono cambiati.
(“Il Principe”, 1532, 26 capitoli per lo più brevi, una cinquantina di pagine che è necessario leggere ed è bene non praticare, anche se la tentazione di fare l’opposto è forte).
1866, giovedì. I figli del Capitano Grant ritrovano il padre. Così termina il bel libro di avventure e di geografia di Giulio Verne, che incomincia il 26 luglio 1864 con un messaggio trovato in una bottiglia di champagne di marca (“Une bouteille de la maison Clicquot”) e si sviluppa in un giro del mondo per quanto possibile a 37°11’ di latitudine sud, facendo conoscere ai lettori – attraverso mille avventure - personaggi, viaggi di esplorazione, paesi e popoli.
(“Les enfants du Capitaine Grant”, pubblicato in tre parti: L’Amerique du Sud (1866), l’Australie (1866), L’Océan Pacifique, (1867); 1.20 Mbytes).