Sardonicus dixit: “Le malefatte di un Paese regalano immediatamente un volto da delinquente al suo ambasciatore.”
23 aprile
1476, martedì. Data storica della ribellione del villaggio di Fuente Ovejuna. Il dramma omonimo, non proprio fedele alla realtà storica, che ne trasse Felix Lope de Vega y Carpio è forse il più noto dei suoi drammi. Da ammirarsi, come sempre, la facilità o felicità del suo verso.
(“Fuente Ovejuna”, 1610, tre atti )
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Anno imprecisato, tra il 1662 e il 1666. Ad una festa mascherata per festeggiare il compleanno della regina Caterina di Braganza, moglie di Carlo II Stuart, partecipa Theresa Marchmont e vi acquista il soprannome di Diana. Lord Greville ne cade perdutamente innamorato. Teresa Marchmont è l’evanescente protagonista dell’omonimo romanzo di Catherine Gore, in cui i personaggi sono vittime più o meno colpevoli, che si costruiscono implacabilmente una trappola senza scampo, quella della loro vita. Si tratta di uno dei primi romanzi storici. Però questo fu solo il primo di una serie di circa settanta romanzi della prolifica scrittrice, che divenne la più nota autrice del genere detto della “silver fork – forchetta d’argento”, di grande successo nel Regno Unito nella prima era Vittoriana. Il Times, nel suo necrologio di Catherine Gore (1861) la classificò come “la migliore scrittrice di romanzi del suo genere, e l’intelletto femminile più brillante del suo tempo”. Sono questi i romanzi della borghesia che professa di disprezzare la nobiltà, ritenuta amorale se non immorale del tutto, ma muore dalla curiosità di conoscerne i rituali, e la invidia più o meno apertamente. Il nomignolo di “forchetta d’argento” fu inventato dal brillante saggista, modesto scrittore e ancor più modesto filosofo William Hazlitt, il quale sentenziò che in questi romanzi non veniamo a conoscere i sentimenti del protagonista, ma sappiamo nei minimi dettagli come questi sia vestito e riceviamo l’importante informazione che “le persone di qualità mangiano il pesce con forchette d’argento”.
(“Theresa Marchmont, Or the Maid of Honour – A Tale”, 1824, 110 pagine).
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1785, sabato. Secondo i miei conti, basati su date che quadrano solo fino ad un certo punto, in questo giorno, mentre “l’orologio dei teatini sonava le nove”, avvenne la cosiddetta catastrofe (o rivolgimento) che cambia di colpo il romanzo libertino “Gli amori del cavaliere di Faublas”, di Jean-Baptiste Louvet de Couvray, in un romanzo meno spensierato, a cento pagine dalla fine. Il finale è un carteggio, l’explicit è un insegnamento morale inatteso: “Per gli uomini ardenti e sensibili, abbandonati fin dalla prima giovinezza alla tempesta delle passioni, non ci sarà più felicità completa sulla terra.” Fino al 23 aprile 1785, nel romanzo, scritto per scandalizzare i benpensanti, si succedono con ritmo vivacissimo mille avventure amorose audaci ma non perverse e cento personaggi disegnati con vivacità (si vedano il conte e la contessa de Lignolle); si scoprono ambienti inediti (forse mai esistiti) di una Parigi fine ancien régime, con travestimenti, riconoscimenti e scambi di persone, quiproquo, duelli, incontri e ritrovamenti, inattesi rivolgimenti, sorprese imprevedibili senza mai tirare il fiato – tutto narrato con spensieratezza ed umorismo. Troviamo anche un po’ di gergo della malavita (Eugène Sue lo imiterà nei suoi Misteri di Parigi) e troviamo una Mme de Fonrose che tiene una lista delle sue circa duemila conquiste. Per riuscire nei suoi scopi dongiovanneschi o per fuggire da situazioni imbarazzanti (e unicamente per tali scopi), il diciassettenne eroe della storia, irresistibile Casanova dalla bellezza quasi femminile, si traveste frequentemente da donna (già, ma la voce?). Non è l’unico a travestirsi, sempre per le stesse ragioni, per cui bisogna stare attenti ai nomi veri ed assunti dei vari personaggi, per non perdere il filo della vicenda. Il successo del romanzo fu enorme, e non credo ci sia stato alcun letterato dell’Ottocento che l’abbia ignorato. Come persona Louvet de Couvray era un amabile, coraggioso, alquanto spietato fanatico, che giocò un ruolo minore nella Rivoluzione Francese e, nonostante prendesse sovente posizioni quasi da incosciente, ad esempio in difesa dei Girondini, morì nel suo letto nel 1797, a 36 anni. (“Les amours du chevalier de Faublas, 1787-1790, inizialmente in tre parti: Une année de la vie du chevalier de Faublas (1787), semaines de la vie du chevalier de Faublas, pour servir de suite à sa première année (1788), des amours du chevalier de Faublas (1790); l’edizione definitiva conta circa 1550 pagine, quella della Pléiade la metà - ma queste ultime sono pagine assai fitte).