Sardonicus dixit: “La pigrizia è l’unica virtù che impedisce al mondo di deteriorarsi più velocemente.”
24 aprile
1185, battaglia di Dan-no-Ura (altri dicono che avvenne il 25 aprile), in cui le forze dei Taira (o Heike) vengono definitivamente sconfitte da quelle dei Minamoto (Genji) e la maggior parte dei membri del clan Taira periscono. È l’evento conclusivo del romanzo “Heike Monogatari”, in cui si legge l’episodio della vecchia Ni-no-Ama, che prende in braccio il nipotino, imperatore Antoku Tenno, di sei anni, e si getta in mare con lui promettendogli che in fondo al mare c’è un’altra capitale assai più bella. Forse.
(“Heike monogatari”, XIII-XIV sec., 500 pagine in traduzione)
La battaglia è ricordata anche in una leggenda di fantasmi giapponese, quella di “Hoichi senza orecchie” (“Mimi nashi Hoichi”), riportata da Lafcadio Hearn nel suo Kwaidan. Mimi nashi Hoichi, che è un monaco cieco, virtuoso del liuto, una sera viene condotto a suonare in presenza di un’assemblea di nobili nella sala di un palazzo, o almeno questo è quel che crede lui.
(“Kwaidan – Stories and Studies of Strange Things”, 1903, 223 Kbytes)
Non posso trattenermi dal citare l’incipit dello Heike Monogatari, uno dei brani più famosi della letteratura giapponese:
Il rintocco della campana del tempio di Gi-on
è l’eco dell’impermanenza delle cose.
Il colore dei fiori sul doppio tronco dell’albero di sala
rivela la verità che fiorire è lo stesso che appassire….
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1617, lunedì. Viene assassinato il Maresciallo de l’Ancre, Concino Concini. Sulla morte sua e di sua moglie, Eleonora Galigai, bruciata per stregoneria il giorno 8 luglio 1617, Alfred de Vigny scrisse una tragedia, “La Marescialla de l’Ancre”, non priva di vigore. Però de Vigny, come in un suo saggio sul dramma storico asserì di avere il diritto di fare, fece una completa insalata di date. L’azione della tragedia è contratta in tre giorni, un venerdì 13 di mese ignoto, un sabato, ed una domenica, in cui alle tre del mattino muore Concini e, si suppone, la moglie seguirà poco dopo. Il venerdì è esplicitamente scelto in memoria di venerdì 14 maggio 1610, giorno in cui fu assassinato Enrico IV da Ravaillac, delitto di cui de Vigny accusa Concini, che per espiazione viene fatto morire nel luogo stesso dove fu assassinato il re (nulla di tutto questo avvenne: tutte aggiunte romantiche). Però solo in gennaio ed ottobre del 1617 il 13 del mese cadde di venerdì. Mi spiace. Un autore può adattare tutti i fatti che crede, ma non può cambiare i giorni della settimana.
(“La maréchale d’Ancre”, 1831, 5 atti).
Un personaggio sopravvive al dramma. È la “Donna immortale”, di Ponson du Terrail. C’è di tutto, in questo romanzo, ma non c’è Rocambole. Vedi 6 luglio.
(“La femme immortelle”, 1869, 500 pagine).