26 Maggio

Sezione: non-accadde/

Sardonicus dixit:”Si arriva a una meta e ci si accorge che si è arrivati al massimo alla metà”


26 maggio
1249, mercoledì. Battaglia della Fossalta, in cui fu catturato Re Enz(i)o, figlio di Federico II, cantata in forma fantasiosa da Alessandro Tassoni nel canto VI del poema eroicomico “La secchia rapita”. Con esattezza di poeta, il Tassoni si basa su documenti storici, ma in ordine cronologico casuale: la secchia fu rapita solo nel 1325, un’ottantina d’anni dopo il suo recupero (vedi 15 novembre). Ciò che conta è che il legato papale darà un giudizio salomonico e vagamente sovversivo: ai Modenesi resterà la secchia, ai Bolognesi Re Enzo. La Secchia Rapita è il capolavoro dei poemi eroicomici Italiani, se non si vogliono mettere nella stessa categoria i grandi poemi del Quattro-Cinquecento, il Morgante Maggiore e il Furioso (che sono eroici e sono comici). Come tale, si può provare a leggerlo, almeno nei brani di antologia, che non sono moltissimi. Esempio: il concilio degli dei, dalla strofa 28 del canto II. (“La secchia rapita”, Parigi 1621, dodici canti in ottava rima)

(1828, lunedì).

Gaspard Hauser chante:
Je suis venu, calme orphelin,
Riche de mes seuls yeux tranquilles,
Vers les hommes des grandes villes:
Ils ne m’ont pas trouvé malin.

Caspar Hauser canta:
Sono venuto, calmo orfanello,
ricco solo dei miei occhi tranquilli,
verso gli uomini delle grandi città:
non hanno pensato che fossi cattivo.

Dalla raccolta “Saggezza”, Parte III, quarta poesia, di Paul Verlaine. In questa raccolta il Poeta presenta il suo ritorno alla fede cattolica. Visse poi altri quindici tormentatissimi anni. Da uno schizzo dal vero comparso sul giornale “La Plume”, che rappresenta Paul Verlaine sul letto di morte, si vede però che l’ultima strofa de “Il cinque maggio” può essere applicata verso per verso anche al “poeta maledetto” per eccellenza.
http://fr.wikipedia.org/wiki/Fichier:Paul_Verlaine_by_Ladislas_Loevy.jpg
(“Sagesse”, 1880, 49 poesie di varia lunghezza).
Come molti altri, Verlaine si era commosso al caso di Caspar Hauser. Il 26 maggio 1828, lunedì di Pentecoste, era comparso in Norimberga un ragazzo di circa sedici-diciassette anni completamente spaesato, incapace di spiegarsi e incerto nel camminare. Portato alla stazione di polizia scribacchiò il nome di “Caspar Hauser”. Quando ebbe imparato ad esprimersi spiegò che per sedici anni era stato tenuto, senza mai vedere nessuno, in una specie di cella lunga due metri, larga uno e alta uno e mezzo (e la luce?). Divenne una sorta di curiosità locale. Era una vittima di oscuri intrighi o semplicemente un impostore? Per la prima ipotesi si espresse Anselm von Feuerbach, Presidente della corte d’appello bavarese, il quale scrisse quando Hauser era ancora vivo. Forse però in seguito cambiò idea.
(“Kaspar Hauser. Esempio di un crimine contro la psiche dell’uomo - Kaspar Hauser. Beispiel eines Verbrechens am Seelenleben des Menschen, 1832, circa 200 pagine).
Circolò la voce che Caspar Hauser fosse il legittimo erede della casa granducale (Zähringen) del Baden. In effetti era noto che il figlio primogenito di Karl e Stéphanie Beauharnais era nato il 29 settembre 1812 e morto due settimane dopo, il 12 ottobre. Karl e Stéphanie morirono senza discendenti maschi, per cui il Granducato di Baden passò ad un ramo collaterale della famiglia, i cui membri sarebbero quindi responsabili del complotto. La tesi si presta a fantasiosi sviluppi, ma presenta svariate lacune.
Diverse persone in successione si presero cura di Caspar Hauser con intenti più o meno chiari e con maggiore o minore successo. Da ultimo Caspar Hauser fu presso la famiglia Meyer in Anspach. In casa Meyer affermò di aver subito un attentato da parte di un estraneo e finalmente, recatosi in un parco, ne uscì ferito a morte. Era vittima di un assassino o si era ferito maldestramente per mantenere vivo l’interesse nella sua persona? Morì tre giorni dopo, il 17 dicembre 1833.
Per la tesi dell’impostura, con feroci attacchi alla credulità del Feuerbach, si veda lo scritto di Philip Henry, quarto Earl of Stanhope, che inizialmente si era interessato a Caspar Hauser per portarlo con sé in Inghilterra.
(“Breve scritto su Caspar Hauser - Tracts relating to Caspar Hauser”, 1836, 130 pagine).
Ripetute analisi sul DNA hanno dato risultati inconcludenti. Inoltre i discendenti dei granduchi di Baden non permettono analisi del DNA né su Stephanie né sull’infante defunto (e a parer mio fanno benissimo). Sull’epitaffio di Caspar Hauser in Anspach sta scritto:
“Hic jacet / Casparus Hauser / Aenigma / sui temporis / ignota nativitas/ occulta mors / MDCCCXXXIII – Qui giace Caspar Hauser, enigma del suo tempo: ne fu ignota la nascita, misteriosa la morte – 1833”.
L’idea di una reclusione fin dalla più tenera infanzia con le sue conseguenze sarebbe un bel soggetto per un dramma: un soggetto tanto bello che il massimo autore della tragedia spagnola ci pensò. Era Pedro Calderón de la Barca, che scrisse il suo capolavoro, “La vita è sogno”, in cui si racconta la storia del principe Sigismondo di Polonia, che, per evitare un avverso destino, viene rinchiuso dal padre, il re Basilio, in una torre tra le montagne. Viene poi drogato e tolto dalla torre e… il resto lo leggerà il lettore il quale, se seguirà il mio consiglio, alla fine del secondo atto troverà i forse più belli e certo più famosi versi del teatro tragico spagnolo:

¿Qué es la vida? Una ilusión,
una sombra, una ficción,
y el mayor bien es pequeño;
que toda la vida es sueño,
y los sueños, sueños son.

Che cos’è la vita? Un’illusion,
Un’ombra, una finzion,
ed è piccolo il maggior bene;
tutta la vita è sogno,
ed i sogni …sogni son.
(“La vida es sueño”, 1635, in tre atti (“jornadas”); 3319 versi).