Sardonicus dixit: “L’amor proprio non è proprio amore.”
23 giugno
1183 aC. La notte successiva alla caduta della città di Troia una vedetta veglia in alto sul palazzo reale di Argo attendendo il segnale della vittoria e lamentandosi per l’ingrato lavoro. Ma d’improvviso appare una luce sul monte Aracneo:
“Oh salve,
Salve o splendor che nella notte arrechi
Del dì la luce!”
(Trad. di Felice Bellotti, 1821)
Così incomincia la tragedia “Agamennone”, di Eschilo. Come verremo a sapere, una catena di fuochi a partire dal monte Ida ha portato in una notte il segnale della vittoria. E tosto arrivano, prima l’araldo mandato ad avvertire la regina Clitemnestra, poi il re Agamennone. I segnali luminosi seguono un percorso impossibile e i reduci arrivano troppo presto, pur avendo fatto un difficile viaggio in mare, con tanto di burrasca in cui Menelao è stato dato disperso. Ma tutto questo non conta: chiaramente non importò agli antichi, e, letta con la dovuta disposizione di spirito, questa tragedia può apparire veramente moderna e potente anche a noi, dopo quasi duemilacinquecento anni.
(“Agamemnon”, 458 aC, 1673 versi)
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1576, sabato. Incomincia il viaggio de “L’avventuroso battello di Zurigo”, poemetto di Johann Fischart, polemista protestante, che qui narra in tono rilassato il viaggio sul Reno di un gruppo di 54 zurighesi, di cui dà tutti i nomi, per partecipare ad una gara di tiro con la balestra a Strasburgo. Il poemetto si ispira ad un fatto realmente accaduto e celebrato anche da altri scrittori.
(“Das Glückhafft Schiff von Zuerich”, 1576-77, 64 pagine)
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Il 23 giugno 1599, mercoledì, morì di peste a Caen, a otto anni, tra le braccia di suo padre, Jourdaine, figlia di François Malherbe: la sua morte la racconta la bambina in prima persona, nel lungo epitaffio scritto da Malherbe stesso. Il riferimento, breve come una folgore, a questo evento serve a definire meglio l’epoca in cui fu composta la più famosa poesia di Malherbe, “Consolazione a Monsieur Du Périer”, la cui figlia era morta il giorno 8 agosto (vedi) 1598, a tre anni e mezzo. Secondo una semi-leggenda, Malherbe aveva scritto il verso 15 di questa poesia nella forma: “Et Rosette a vécu ce que vivent les roses…- E Rosetta ha vissuto quel che vivono le rose”. Ma la bozza di stampa presentava un errore: “Et, rose, elle vécu ce que vivent les roses – E, rosa ella stessa, visse quel che vivono le rose…” etc. Malherbe fu colpito dal fatto che l’errore migliorava il verso, e non lo corresse. Evidentemente sentì che la sua fama sarebbe stata affidata proprio a quel verso ed al successivo:
“Et, rose, elle a vécu ce que vivent les roses,
L’espace d’un matin.
Era una rosa e visse quel che vivono le rose
Quanto dura un mattino.”
Vide giusto, la sua fama è in buone mani.
L’ode non è lunga, e comunque almeno sette strofe, che si concludono con un’altra bella immagine, che l’età non sale sulla barca di Caronte, andrebbero lette.
(“Consolation a Monsieur Du Périer, gentilhomme d’Aix en Provence, sur la mort de sa Fille”, 1598, 84 versi).
Rosetta si chiamava in realtà Margherita (ma non è escluso che le fosse stato dato anche quel soprannome: dopo tutto Santa Rosa di Lima si chiamava Isabella, e Rosa era il suo soprannome infantile). Alcuni notano che Malherbe aveva preso il suo tempo per consolare il suo amico, tanto che quando la poesia fu pubblicata Du Périer si era già risposato ed aveva avuto due figli. Ma basta leggere con attenzione il primo verso per capire che la poesia fu scritta alquanto tempo dopo la morte della bambina.
Per due soli versi ho scritto abbastanza.
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Una vigilia di San Giovanni Cyrano de Bergerac costruisce una seconda macchina per salire alla Luna, questa volta dal Canadà ( Nuova Francia). Lo apprendiamo dal romanzo satirico e fantascientifico ante-litteram “L’altro mondo: gli stati e gli imperi della Luna; gli stati e gli imperi del Sole”, di Ettore Saviniano Cyrano de Bergerac. Non è un libro che possa piacere a tutti, un po’ per la lingua arcaica, un po’ per la serpeggiante grossolanità, ma soprattutto perché ci presenta un secolo, il XVII secolo, che magari oggi non ci interessa più. Tuttavia vale la pena leggerlo perché rappresenta un poco il rovescio della medaglia del secolo, cioè la parte colta, incredula, anticlericale, materialista, razionalista. Inoltre abbiamo a che fare con un autore dalla fantasia sbrigliata che vuole spiegare tutto e, en passant, elogia i grandi nasi, proponendo soluzioni drastiche per i possessori di piccoli nasi, ci parla per primo di un linguaggio costituito unicamente di note musicali e inventa gli audio-libri, ci dà la prima idea di un razzo a stadi multipli e un’interpretazione dell’effetto placebo, costruisce un motore per andare sul Sole (qui Cyrano purtroppo ha inventato l’esatto contrario di un motore a reazione) eccetera. E poi ha trovato sulla Luna un’opera filosofica, scritta da uno “spirito solare”, in cui si spiega come si possano “unire fisicamente le verità di ogni contraddizione, come per esempio che il bianco è nero e il nero è bianco, che si può essere e non esser al medesimo tempo” etc.. Se ne potrebbe concludere che il filosofo Hegel sia andato a prendere il prototipo della sua Logica sulla Luna.
La storia della pubblicazione di quest’opera è abbastanza complicata. Cyrano l’affidò all’amico Henri Le Bret, che la pubblicò postuma in due parti, con varie correzioni per evitare la censura (« Histoire comique des États et Empires de la Lune, 1657; Histoire comique des États et Empires du Soleil », 1662). Curiosamente, le correzioni sono relativamente poche, l’opera resta materialista e apertamente anticlericale, se non anticristiana del tutto, e tuttavia non compare nel celebre « Index Librorum Prohibitorum». Il testo integrale, con confronto dei manoscritti principali, fu pubblicato solo nel 1921 da Frédéric Lachèvre come parte delle « Opere libertine di Cyrano de Bergerac - vol I ». E’ questo il testo che consiglio di leggere: è carico di note, che però, tanto per cambiare, lo arricchiscono invece di appesantirlo – sempre che si abbia qualche curiosità per quest’opera, decisamente fuori dell’ordinario.
(L’autre monde : I – Les estats et empires de la Lune , 95 pagine ; II – Les estats et empires du soleil, 114 pagine, 1921)
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1763, giovedì. Prima lettera di Tobias Smollet nel suo libro “Viaggi attraverso Francia e Italia”, lungo romanzo epistolare composto di lunghe lettere a cui Laurence Sterne, autore del “Viaggio sentimentale”, rimproverò il costante cattivo umore, battezzando l’autore Smelfungus (muffa puzzolente), e riuscendo in un romanzo di maggior successo.
(“Travels through France and Italy”, 1766, 837 Kbytes).
(“A Sentimental Journey through France and Italy”, 1768, 229 Kbytes )
Il lettore italiano, magari interessato all’opinione di Sterne sull’Italia, faccia attenzione. In Italia Sterne, caratteristicamente, nel libro non ci arriva mai.