14 Luglio

Sezione: non-accadde/

Sardonicus dixit:”Amiamo condizionare eccessivamente i modi in cui permettiamo di essere aiutati, sino a scoraggiare gli incauti samaritani.”


14 luglio
476 aC, calendario Gregoriano anticipato. Secondo la mia ricostruzione, questa data, il secondo giorno dopo il primo plenilunio dopo il solstizio d’estate, vide due gare importanti ai giochi Olimpici di quell’anno (LXXVI Olimpiade). La prima gara, la corsa dei cavalli, fu vinta dal cavallo di Gerone di Siracusa; la seconda, la corsa dei carri, fu vinta dal carro di Terone di Agrigento. Un poeta celebrò le due vittorie in tre sue odi Olimpiche (rispettivamente la prima, la seconda e la terza). L’autore era quello che nel mondo classico fu sempre invariabilmente ricordato come il maggiore dei lirici greci, che era quanto dire del mondo intero, Pindaro. È l’ennesima sfida che il mondo classico ci propone. Pindaro è difficile in greco, ed impossibile in traduzione. Leggerlo è impresa riservata a pochi volonterosi. Le sue odi, di assai diseguale lunghezza, sono poesie d’occasione e celebrano campioni del suo tempo, per lo più dai nomi ridicolmente complicati, provenienti da città oggi per lo più sparite nell’anonimato o note come luoghi per turisti che ne ignorano tutto. Può esserci passione in odi di occasione? È necessaria la passione per raggiungere il sublime? Può il sublime di un’opera sbiadirsi col tempo? Leggendo questi poemi vediamo svolgersi davanti a noi in rapida successione immagini ormai incomprensibili e di cui ci importa poco, sullo sfondo di una celebrazione che univa tutti i Greci del Mediterraneo 2500 anni fa, festa di cui ci importa ancor meno. Con tutto ciò…
Magari provare la Pitica prima (100 versi), o la seconda (“Grandiosa città di Siracusa, santuario di Marte, immerso nella guerra - Megalopòlies o Syrakòsai, bathypolémou témenos Areos”, etc.), che in fondo un po’ ci dovrebbe interessare.
(“Poesie”, in XVII libri, di cui sopravvivono completi i quattro libri degli “Epinici”, odi per la vittoria ai giochi Olimpici (14 odi), Pitici (12), Istmici (11) e Nemei (8). Prima metà del V sec aC).

1789, venerdì. Presa della Bastiglia. Anche questo evento compare in innumeri testi, storici e d’invenzione. In particolare compare nel “Le due Città” (Parigi e Londra) di Charles Dickens. L’incipit del romanzo è uno dei più famosi della letteratura inglese. Il finale non mi ha mai convinto.
(“A Tale of Two Cities”, 1859, 544 pagine).