Sardonicus et DE dixerunt: “La felicità è come un cameriere, che quando ne avete bisogno finge di non vedervi.”
9 agosto
1757, martedì. Termina la battaglia di Fort William Henry, con massacro degli occupanti del forte (forse 1500 persone) che si erano arresi. La strage è ricordata con orrore al Capo XVII de “L’ultimo dei Mohicani”, di James Fenimore Cooper. Si tratta del maggior successo dello scrittore, ancor oggi inflitto agli scolari americani, nonostante le ovvie pecche, storiche e letterarie. Sarebbe un po’ come se in Italia si facesse studiare lo “Ettore Fieramosca” di d’Azeglio a scuola. Insomma, tutto il mondo è paese, e gli scolari si devono prendere quel che passa il convento. Tuttavia il romanzo può interessare per vari motivi, soprattutto a chi vuol conoscere a fondo il retroscena intellettuale degli Americani. Non si contano i films, le serie televisive, i cartoons ispirati al romanzo, uno dei padri, o dei nonni, del racconto western.
(“The Last of the Mohicans”, 1826, quasi 900 Kbytes)