Sardonicus dixit “Oh, la grande generosità dei pigri, disposti a lasciare che gli altri acquistino facili meriti !”
2 Settembre 1494, martedì. Carlo VIII passa le Alpi al Monginevro e inizia la prima invasione dell’Italia dell’età moderna. Quindi non passò dal Moncenisio, come invece cantava (o cantilenava) Maistre Pierre Guilloche Bourdelois, cioè di Bordeaux, nella sua “Profezia di re Carlo VIII”:
Puys le temps du roy Charlemaigne
ne fut roy de si grand noblesse
qui osast passer la montaigne
de Mont Senis, ne hardiesse.
Dal tempo del re Carlomagno
non ci fu re di si grande nobiltà
che osasse passare il colle
di Moncenisio, né di si grande ardimento.
Guilloche riprendeva, o direttamente o indirettamente, scritti assai più antichi, in particolare il breve testo di Adso Dervensis, Nascita e Tempo dell’Anticristo. Questi prevedevano un re dei Franchi che, come “Ultimus Rex Romanorum”, avrebbe conquistato il mondo e disfatto Ebrei, Marrani e Turchi, per deporre infine scettro e corona sul monte Oliveto, a Gerusalemme. Guilloche regala al re non una, ma tre corone da deporre sul monte Oliveto. Inoltre detesta i Fiorentini, i Siciliani, a cui non perdona i Vespri (avvenuti solo perché i Francesi “furent aux dames fort courtoys – furono molto gentili con le signore”, magari troppo), e gli Aragonesi di Napoli. Elogia il Cardinale di San Pietro in Vincoli, cioè il futuro Giulio II, che, diventato Papa, alla fine contribuì decisivamente a cacciare per quella volta i Francesi dall’Italia. Come dire, ogni tanto i profeti sbagliano, soprattutto riguardo agli eventi futuri.
(“La Prophétie du Roy Charles, huitiesme de ce nom”, composta nel 1494, 975 versi di diseguale lunghezza)
(“De ortu et tempore Antichristi”, X sec., circa 2000 parole)
Saliamo di un gradino: l’entrata dei Galli in Italia viene ricordata (non nei particolari) nell’ultima strofa dell’Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo, che annuncia di non sentirsela più a continuare a cantare frivolezze, mentre vedeva “la Italia tutta a fiama e a foco”. È notevole come il tono cambi dalla penultima ottava (leggero e malizioso) all’ultima (disperato). Arrestandosi, il Boiardo lasciò la via sgombra al suo grande successore, l’Ariosto, che senza tanti preamboli riprese il racconto al punto in cui Boiardo lo aveva lasciato – anche se i Galli non se ne erano ancora andati. Soprattutto nei primi canti, molti fatti del Furioso diventano comprensibili solo conoscendo l’Innamorato (o leggendo delle buone note). Si scopre però ben presto che l’Ariosto è tanto bello che questo sforzo aggiunge un limitato piacere alla lettura del Furioso.
(“Orlando Innamorato”, pubblicato nel 1495, in tre libri di XXIX, XXXI e otto canti e mezzo rispettivamente. Sul numero di versi leggo sovente che sono circa 70000. A me paiono poco meno della metà, cioè 34984).
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1930, lunedì. Parte da Boston la spedizione della Miskatonic University per raggiungere le “montagne della follia”, soggetto e titolo di un lungo racconto di Howard P. Lovecraft. Anche questa spedizione, che esplora l’interno dell’Antartide, termina al grido di “Tekeli-li” (vedi 22 marzo).
(“At the Mountains of Madness”, scritta nel 1931, pubblicata nel 1936; 80 pagine).